di Dario Crippa

Seregno, 9 febbraio 2014 - È stata la madre di tutte le inchieste di ’ndrangheta. Montagne di rifiuti scaricati giorno e notte in terreni agricoli brianzoli, rifiuti anche pericolosi che andavano a ingrassare le cosche della ’ndrangheta e a inquinare la Brianza. Non a caso l’operazione «Star Wars», portata a termine nel 2008 da quella stessa squadra della Polizia provinciale di Milano che qualche anno dopo sarebbe traslocata in Brianza dando vita alla prima Polizia provinciale di questo territorio, era stata ribattezzata la «Gomorra brianzola». E non è finita. Se le otto persone arrestate nel 2008 sono state nel frattempo processate e condannate, ancora mancava all’appello una serie di personaggi per cui si avvicina ora la resa dei conti. È infatti di pochi giorni fa l’avviso di conclusione delle indagini preliminari della Procura di Monza per 26 persone, molte residenti fra Seregno, Desio, Cesano Maderno, Limbiate, Giussano, Lissone e Meda.

«In concorso tra loro e al fine di conseguire un ingiusto profitto» sarebbero responsabili della raccolta e del trasporto di centinaia di carichi di rifiuti speciali che avrebbero scaricato, stoccato e miscelato servendosi notte e giorno di ruspe ed escavatori (anche rubati e ricettati). C’era chi metteva a disposizione i propri terreni, chi i propri mezzi di opera e autocarri, chi controllava e smistava i carichi, chi metteva a disposizione la materia prima, vale a dire i rifiuti che altrimenti sarebbe stato costretto a smaltire con costi ben più ingenti. Addirittura, c’è il caso di due soggetti che avevano «invaso» dopo averne abbattuto la recinzione un terreno agricolo altrui per sbancare e rivendere (profitto almeno 35mila euro) 10mila tonnellate di terreno misto naturale. Nel mirino il deposito incontrollato di rifiuti allestito in un terreno agricolo di via Vicinale delle Valli a Seregno e in un terreno classificato «a uso seminativo» in via Molinara a Desio, ma anche la Cava Manara a Limbiate, la Cava Borgonovo a Verano Brianza e altre cave ubicate a Medolago e Gossolengo, nelle province di Bergamo e Piacenza.

Nello specifico, i presunti criminali gestivano abusivamente migliaia di tonnellate di sfridi di plastica macinata contenenti sostanze pericolose provenienti da uno stabilimento di Mozzanica (Bergamo), terre, rocce da scavo e macerie edili e stradali in arrivo da un sito di rifiuti di Briosco, pneumatici, scarti di lavaggio di betoniere, scarti di calcestruzzo, automobili fuori uso. La violenza non era un «optional»: come emerge dal caso del rogo appiccato con una bottiglia piena di gasolio a una ditta di Briosco, la Gavo srl di via Leopardi.

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