Giussano, 14 gennaio 2014 - Le macchine andavano a fuoco nella notte. Colpi di pistola venivano esplosi contro le vetrine dei negozi. Camion scaricavano tonnellate di rifiuti a bordo strada. E poi c’era lui, quell’allenatore che sapeva giocare a calcio benissimo - era arrivato fino alla serie C - e che arrivava a bordo di un macchinone al campo da gioco dove i ragazzini se lo mangiavano con gli occhi ignari che presto sarebbe diventato il capo della ’ndrangheta sul territorio.

«Ma io allora, come tanti, non immaginavo neppure cosa fosse la ’ndrangheta... anzi, quando per la prima volta mi fu chiesto al corso che andavo a frequentare, pensavo che la mafia al Nord, tantomeno sotto casa mia, non esistesse neppure. Poi ho capito». A parlare così è un ragazzo coraggioso di Giussano, Samuele Ghiozzi, 22 anni, che ha appena discusso (voto finale 110, il massimo) una tesi di laurea dedicata proprio a come la ’ndrangheta sia penetrata a casa sua. Il titolo è chiaro: «La ‘ndrangheta come agente di trasformazione. Uno studio di comunità: il caso di Giussano (Brianza)».

Iscritto alla Facoltà di Scienze politiche, economiche e sociali dell’Università degli Studi di Milano, il bivio per Samuele Ghiozzi è arrivato quando ha deciso di seguire il Corso di Laurea in Scienze internazionali e istituzioni europee tenuto da un professore molto particolare: Fernando Dalla Chiesa, figlio del celebre generale dei carabinieri Carlo Alberto, ucciso dalla mafia nel 1982. Decidere di occuparsi di ’ndrangheta proprio a casa propria, per Samuele Ghiozzi, non deve essere stato facile, fra amici e conoscenti che lo sconsigliavano o addirittura lo accusavano più o meno velatamente di essere «un infame». «Mi sono accorto - racconta - che il modo in cui la società settentrionale percepiva il fenomeno mafioso purtroppo mi rispecchiava: incredulità».

Tanti episodi tornano anche nella tesi: «Ricordo come, durante il tragitto per andare a scuola, vedevo le file dei camion che scaricavano materiale in un terreno a lato della Strada Statale 36 che collega Monza a Lecco. Una vera e propria discarica abusiva di materiale tossico era sorta a lato di Desio in pochissimo tempo, alla luce del sole... Solo più tardi, consultando studi e atti processuali, mi si sono aperti gli occhi». Eppure Giussano, a cui Samuele ha riservato la dedica della sua tesi, non è sempre stata così. «Negli anni ’80, durante la stagione dei sequestri di persona, quando anche il nostro concittadino Ambrogio Elli fu rapito dalla ’ndrangheta, Giussano era diventata leader nella lotta alla criminalità organizzata. Merito del sindaco di allora Erminio Barzaghi, che con marce e iniziative era diventato punto di riferimento in Brianza. Poi tutto questo è finito, è subentrata una sorta di rimozione. E Giussano è diventata mèta di una “colonizzazione atipica”, che non nasceva dal territorio ma per decisione del boss calabrese Vincenzo Gallace, che volle aprirci una Locale».

Il capo prescelto è il rampante Antonino Belnome, ex calciatore e futuro assassino del boss dei boss Carmelo Novella. «Quando ero ragazzino l’ho avuto per qualche mese come allenatore: ben vestito, bravissimo a giocare a calcio, dotato di carisma e capace di farsi rispettare, ho scoperto chi fosse davvero solo anni dopo. Certo, fa strano, soprattutto pensando che era un personaggio a cui era stato affidato un ruolo educativo...». Alla fine della tesi, Ghiozzi dà tre consigli alla sua comunità: formazione nelle scuole, lotta all’indifferenza e stare più attenti. Speriamo che basti.

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