Vimercate, 20 novembre 2013 - Golfino celeste, sorriso, occhiali da sole sollevati sulla fronte. L’istantanea della speranza, ma anche della rabbia, ritrae la piccola Emma Houda Kharat a due anni dal rapimento, avvenuto a Vimercate per mano del padre Mohammed detto Nadim, siriano, il 18 dicembre 2011 quando la bimba aveva 21 mesi appena.

Ora ha 4 anni. Alice Rossini, mamma coraggio, stringe la foto tra le mani e piange: «Lo Stato non ha fatto in due anni quello che una trasmissione televisiva è riuscita a fare in due settimane». Ovvero, sospira Alice, fornire una prova che la bimba è ancora viva e nel contempo incontrare il padre rapitore scappato in Siria. Il servizio di 17 minuti realizzato dalle Iene, andato in onda su Italia Uno martedì sera, ha riaperto il caso con novità clamorose. Pablo Trinca, inviato del programma, è riuscito a incontrare Nadim al confine con la Turchia, dopo aver ottenuto un contatto telefonico dallo zio che risiede a Concorezzo. È proprio lo zio a dare indicazioni precise: «La bambina si trova con la famiglia, con mia sorella e sua nonna, nella città di Aleppo, precisamente nel quartiere di Rashdeen. Sta bene. Potrei andare a trovarla, ma non voglio rischiare di morire, c’è la guerra, la famiglia è armata e Nadim è una persona cattiva». Decine di telefonate, la linea cade continuamente, ma ecco che il padre rapitore risponde all’invito, accetta di incontrare le Iene.

Troppo rischioso addentrarsi fino ad Aleppo, l’appuntamento avviene in un bar sul confine turco main territorio siriano: Nadim teme l’arresto perché su di lui pende un mandato di cattura internazionale, che però non ha alcuna valenza in Siria. Maglia rossa a righe, aria scanzonata e a tratti strafottente, l’ex marito di Alice racconta che la figlia è al sicuro nonostante viva in una zona dilaniata da bombe e attentati. «Dopo la separazione, la famiglia Rossini non voleva più farmi vedere la bambina nei giorni stabiliti, cioè sabato e domenica. Io ho detto che gliel’ avrei fatta pagare, che avrebbero pianto sangue e l’ho portata via». Poi aggiunge un dato inedito: sostiene di aver passato la frontiera di Malpensa con un passaporto scaduto. «Mi è bastato dire che una scritta in arabo indicava il rinnovo, era una bugia, il documento non era valido: chi ha controllato non conosceva la lingua e mi ha fatto passare». Con lui c’era Sabrina, sua amica di Cornate, nel ruolo inconsapevole di finta mamma arruolata per scacciare i sospetti: «Era una ragazza italiana, tutti potevano pensare fosse la madre della bimba», racconta Nadim con un ghigno inaspettato, ammettendo, come fosse prassi comune, di aver picchiato ripetutamente Alice: «Sì l’ho fatto».

Alla richiesta di vedere la piccola, l’uomo estrae dalla borsa una foto recente e un maglioncino azzurro: «Non posso dirvi dov’è, forse è in Libano. La riporterò da sua mamma solo a due condizioni: voglio la cittadinanza italiana e voglio che venga ritirato il mandato di cattura. Altrimenti bisogna aspettare che compia 18 anni e che sia lei a decidere cosa fare». Alice Rossini fatica a trovare le parole: «Le sue richieste non possono essere esaudite e lo sa benissimo. Di sua spontanea volontà non me la riporterà mai indietro. Ha accettato di incontrare le Iene in cambio dei miei documenti, con l’obiettivo di regolarizzare la posizione di Emma in Siria, ma io non sono caduta nel tranello. E non è assolutamente vero che la mia famiglia gli abbia mai impedito di vedere la piccola, tutt’altro, ero io a chiedergli di chiamarla al telefono anche durante la settimana, su questo non ho nulla da rimproverarmi. Grazie alle Iene ora so almeno che mia figlia è viva. Bastava chiedere allo zio per capire dove fosse, per aprire un canale di trattativa con Nadim. Perché lo Stato non si è mosso? Dov’è l’interpol? Sono andati a caccia di Corona dimenticandosi di una bambina rapita. Di lei mi restano una foto e un maglione, non posso vivere così».