Monza, 17 luglio 2013 - "Ridatemi i miei quattro figli": è l’appello di un padre di 43 anni che dopo 8 mesi nel carcere di Monza con l’accusa di avere violentato la primogenita, oggi ventenne, da quando era piccola, nel dicembre 2012 è stato assolto con formula piena: perchè il fatto non sussiste. I giudici hanno ritenuto le accuse della figlia, succube di un fidanzato tossicodipendente che la picchiava e l’aveva costretta a rubare, completamente inventate per punire il genitore che non voleva che continuasse a frequentare quel balordo. Ma dal momento dell’arresto arresto, avvenuto alla fine di marzo dell’anno scorso, l’uomo ha perso la casa, il lavoro e gli altri quattro figli minori ancora rinchiusi in Comunità.

«Sono trascorsi otto mesi da quando il Tribunale ha sancito la mia innocenza- spiega il genitore in lacrima che da settembre sarà ricollocato a tempo indeterminato come operatore scolastico - e io rivoglio i miei bambini, sono pronto a tutto per riaverli. Ho già pagato per una colpa non commessa e il dolore più grande è che è stata mia figlia maggiore a rovinarmi». Anche la moglie 36enne, assistita dall’avvocato Massimo Colaianni del Foro di Milano, interviene: «La mia primogenita è nata quando avevo 15 anni. In 20 anni di matrimonio abbiamo avuto cinque figli. La seconda ha 16 anni, la terza di 9, il quarto un maschio di 7 anni, invalido al 100%, e il più piccolo di anni 5 anni».

La coppia non ha precedenti penali e ha sempre badato a tutti i figli. Ora, dopo questa odissea giudiziaria, entrambi hanno un lavoro a tempo indeterminato e una casa dove, grazie alla sensibilità del Comune, non dovranno pagare l’affitto per parecchio tempo. Potrebbero chiedere un risarcimento allo Stato per l’ingiusta detenzione. «Non mi interessano i soldi - grida il padre disperato - perché i servizi sociali e il Tribunale dei Minori non mi ridanno i miei figli? Sono divisi in diverse Comunità e ho potuto vederli mesi dopo l’assoluzione, alla conclusione di un percorso obbligato stabilito dal Tribunale dei minori nonostante l’assoluzione. Mi inviano sempre messaggi e vogliono tornare a casa. Vi prego ridatemi la mia ragione di vita sennò impazzisco dal dolore».

Anche l’avvocato Marino Viani del Foro di Monza, che ha difeso tutti questi mesi il padre disperato non capisce il perchè di questo impasse: «Il 17 dicembre è arrivata la sentenza con immediata scarcerazione del padre e trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica di Firenze (dove ora vive la figlia), per procedere nei suoi confronti per il reato di calunnia». Sembrava che tutto si sarebbe risolto nel giro di poco tempo. Invece non è andata così. «Tra gennaio e febbraio 2013 è stata depositata davanti il Tribunale dei Minorenni, nel giudizio civile, la richiesta di autorizzare il diritto di visita del padre ai figli minori, in attesa che venisse disposto il ricongiungimento familiare. Il Tribunale dei Minorenni si riservava il provvedimento subordinandolo alla conclusione del padre di un percorso psico-diagnostico. Il mio assistito si è presentato a tutti gli incontri e ha terminava il percorso con successo.

Ma il Tribunale ha mantenuto l’affidamento dei minori agli enti incaricati, disponendo che ciascun genitore potesse incontrare i figli in uno spazio neutro, i maschietti anche congiuntamente e le figlie separatamente. Neanche i quattro figli hanno ancora avuto possibilità di incontrarsi fra loro». Complicato anche andarli a trovare, visto che si trovano in Comunità diverse e lontane tra loro. Conclude l’avvocato Viani: «Abbiamo richiesto delle spiegazioni agli assistenti sociali del Comune, ma la psicologa non ha fornito motivi plausibili, riferendo di avere un carico di lavoro molto ampio che le impedisce di coordinare tutti questi incontri. Anche interloquire con il curatore dei minori, avvocato del Foro di Milano, risulta alquanto difficoltoso».