Vimercate, 12 luglio 2013 - Lo stato c’è oppure no? Lavora davvero per riportare in Italia la piccola Houda Emma? La task force messa in piedi dalla Farnesina funziona? Mamma Alice Rossini se lo chiede ogni giorno, da quando sua figlia è stata rapita e portata in Siria dall’ex marito Mohammed Kharat il 18 dicembre 2011. Emma, all’epoca, non aveva ancora compiuto due anni. Da allora nessuno l’ha più rivista. E le angosce di Alice, paradossalmente, si appesantiscono quando lo Stato fa sentire la propria voce ufficiale.

Che acuisce la disperazione, invece di accendere speranze. Così la pensano Alice, il suo avvocato Luca Zita, i parenti e gli amici che le sono accanto. Nei giorni scorsi il caso è riapprodato in Parlamento grazie a un’interrogazione presentata dal senatore del Pd Lodovico Sonego, a cui ha risposto in aula il viceministro agli Esteri, Bruno Archi. Nel documento il Governo assicura di aver intrapreso tutte le azioni possibili: dal coinvolgimenti delle ambasciate, comprese quelle in Turchia e in Libano, in particolare dopo la chiusura dell’ufficio di rappresentanza a Damasco, alla task force interministeriale convocata per monitorare il caso, fino ai contatti forniti alla famiglia per procurarsi un avvocato in Siria.

«Parole che non dicono nulla, sono ancora più preoccupata dopo aver letto la risposta all’interrogazione. Ricevo solo belle parole e nient’altro, nessuna novità, nessun elemento concreto che possa aiutarmi a sperare. Lo Stato cosa sta facendo veramente?», si chiede Alice, che non sa più come andare avanti.
Luca Zita è il legale che sta seguendo la vicenda senza chiedere un soldo alla famiglia: «Mi sento preso in giro. Basti dire che l’avvocato siriano segnalato dall’ambasciata è sparito dopo aver incassato 400 euro frutto di donazioni private». Così scrive il viceministro Archi: «È stato suggerito al legale italiano della madre il nominativo di un avvocato locale per l’avvio di eventuali procedimenti in Siria».

Zita allarga le braccia sconsolato: «Quella persona non l’ho più vista né sentita: non ha mai risposto alle mail e ora credo che abbia cambiato indirizzo perché i messaggi non arrivano a destinazione». Zita contesta anche il passaggio in cui il Ministero spiega di aver assistito Alice nel viaggio della speranza effettuato lo scorso anno in Siria sotto le bombe della guerra civile. «Lo Stato non ha investito un solo euro. Quel viaggio ce lo siamo pagati di tasca nostra, sempre con l’aiuto degli amici che partecipano alla raccolta fondi: abbiamo speso 3mila euro, per non parlare delle trasferte a Roma nel tentativo di sensibilizzare le autorità».

Continua Zita: «Il ministero degli Affari esteri non ci ha mai chiamato. Sono stato sempre e solo io a telefonare per avere aggiornamenti e sollecitare un incontro». Alice lavora part time in un’impresa di pulizie, la sua famiglia non può certo definirsi abbiente: «Fossi stata la figlia di una persona importante o di un politico, Emma me l’avrebbero già riportata qui. Questo nessuno me lo toglie dalla testa».