Milano, 29 maggio 2013 - Le condanne in appello stabilite oggi dai giudici di Milano per l’omicidio di Lea Garofalo arrivano a 11 anni di distanza dall’inizio della vicenda e a 4 dal suo assassinio. Tutto prende il via nel 2002 quando, come testimone di giustizia, Lea viene sottoposta insieme alla figlia Denise a un programma di protezione provvisorio. Ai magistrati della Procura distrettuale Antimafia di Catanzaro aveva raccontato le faide interne tra la sua famiglia e quella del suo ex compagno Carlo Cosco, entrambe legate alla ‘ndrangheta.

LE TAPPE:

- 2006: lo Stato revoca il programma di protezione con la motivazione che le dichiarazioni della donna non hanno avuto “autonomo sbocco processuale e gli elementi informativi raccolti erano insufficienti circa l’attendibilita’”. Nello stesso anno, però, il Consiglio di Stato, ribalta questa decisione e alla Garofalo viene ridato il programma di protezione.

- aprile 2009: Lea Garofalo rinuncia al programma di protezione.

- 25 novembre 2009: la donna scompare. Non si presenta alla stazione Centrale di Milano dove ha appuntamento con la figlia per tornare in Calabria. Denise Cosco e Carlo Cosco, figlia ed ex compagno e convivente di Lea, ne denunciano ai carabinieri di Milano la scomparsa. La testimone era stata convinta da Cosco a raggiungerlo a Milano per trascorrere qualche giorno con la figlia e parlare del futuro della ragazza. L’ultima immagine che parla di lei è un video girato con le telecamere di sorveglianza mentre sale sulla Chrysler Voyager con alla guida Cosco.

- 18 ottobre 2010: svolta nelle indagini. Il gip di Milano emette sei ordinanza di custodia cautelare, di cui due, quelle a Carlo Cosco e Massimo Sabatino, notificate in carcere perchè entrambi erano stati arrestati qualche mese prima per un precedente tentativo di sequestro della Garofalo. Secondo il gip si è trattato di una vera e propria esecuzione ordinata da Cosco, che almeno quattro giorni prima del rapimento avrebbe predisposto un piano contattando i complici e organizzando tutto: il furgone dove è stata caricata a forza, il magazzino dove interrogarla per capire quello che aveva raccontato ai giudici, la pistola per ucciderla “con un solo colpo” e infine l’appezzamento, vicino a Monza, dove si ritiene sia stata sciolta in cinquanta litri di acido. La distruzione del cadavere ha avuto lo scopo di “simulare la scomparsa volontaria” della collaboratrice e assicurare l’impunità degli autori materiali dell’esecuzione. Oltre a Carlo Cosco e Massimo Sabatino, gli altri quattro destinatari del provvedimento sono i fratelli di Carlo Cosco e altre due persone, di cui una accusata di distruzione di cadavere.

- 30 marzo 2012: la Corte d’Assise di Milano condanna i tre fratelli Carlo, Vito e Giuseppe Cosco, Massimo Sabatino, Carmine Venturino e Rosario Curcio. Per la figlia di Lea Garofalo, Denise, che si e’ costituita parte civile contro il padre, Carlo Cosco, e’ stato disposto un risarcimento di 200mila euro.

- luglio 2012: dal carcere Carmine Venturino scrive delle lettere agli inquirenti nelle quali racconta che Lea Garofalo venne “uccisa materialmente da Carlo e Vito Cosco”, strangolata con la corda di una tenda, dopo essere stata sequestrata a Milano il 24 novembre del 2009. “Dal 25 novembre - chiarisce il pentito - è iniziata la distruzione del cadavere, che non è stato sciolto nell’acido, ma carbonizzato fino a dissolverlo completamente”. La versione del pentito, però, scagionerebbe gli altri due imputati condannati all’ergastolo, Sabatino e Giuseppe Cosco. Venturino dà anche indicazioni per trovare i resti della vittima in un campo a San Fruttuoso.

- 11 aprile 2013: Carmine Venturino dice di volere raccontare la verita’ “per amore di Denise”, la figlia di Lea con la quale ha avuto una relazione sentimentale. Venturino ribadira’ la sua versione dei fatti e fornisce alcuni particolari: “La bastarda se n’e’ accorta”, gli avrebbe raccontato Cosco riferendosi all’omicidio e ancora: “Mentre il corpo bruciava spaccavamo le ossa per farlo bruciare prima”. “Abbiamo preso un grosso fusto di metallo, di quelli alti dove si tiene il petrolio. Abbiamo messo il cadavere dentro spingendo il corpo in modo che non uscisse fuori, a testa in giu’, dal bordo si intravedevano le scarpe”, ricorda il pentito.

- 12 apr 2013: Denise Garofalo, protetta da un paravento, ha riconosciuto i monili trovati in un terreno di Monza che appartenevano a Lea.

- 15 mag. 2013 - E’ il giorno della requisitoria. Il pg Marcello Tatangelo ha sostenuto che non è credibile che la donna sia stata assassinata per un raptus dall’ex compagno Carlo Cosco. Ad esporre questa tesi era stato lo stesso Cosco. Al termine delle requisitoria, il pg chiede tre ergastoli e due assoluzioni. In particolare, il rappresentante della pubblica accusa ha chiesto l’ergastolo per l’ex compagno della donna, Carlo Cosco per Vito Cosco e per Rosario Curcio e 27 anni di carcere per Carmine Venturino che ha indicato agli inquirenti dove si trovavano i resti e a far emergere che il cadavere della donna non era stato sciolto nell’acido, come si era pensato, ma bruciato.

fonte Agi