di Dario Crippa

Monza, 22 maggio 2013 - La lettera arriva come un fulmine a ciel sereno dalla Russia. A scriverla è Yulia Kosenko, la madre del bimbo di 5 anni nato e cresciuto a Biassono «rapito» lo scorso febbraio dalla donna per opporsi a un’ordinanza del Tribunale che imponeva di fatto che il piccolo fosse dato in affidamento al padre, un mobiliere di 40 anni di Biassono. «Sono rimasta molto delusa dalla Giustizia Italiana... Vorrei dire che ora io e Mio figlio siamo felici... semplicemente perché siamo insieme e l’Italia non è riuscita di separarci...».

L’italiano di Yulia a volte zoppica, come è normale che sia per una donna che appartiene a un’altra cultura: «Ci manca Italia è vero, i nostri abitudini ci sono cambiati, ma purtroppo non possiamo piu vivere tranquilli in Italia, e dobbiamo rimanere qui. Mi dispiace tanto che è finito così, che il mio figlio ora non puo andare in Italia fino 18 anni, che Italia fa male ai suoi cittadini giudicando sbagliando...». La lettera sembra una pietra tombale sulle speranze di arrivare a una composizione del dissidio fra i due ex coniugi. Anche se l’avvocato Rosario Capuana, che dallo scorso febbraio assiste la donna, prova a gettare acqua sul fuoco: «Insisto a sconsigliare alla mia cliente dal continuare su questa strada... è in corso una trattativa col padre del bambino e i suoi legali, bisogna arrivare a una riconciliazione nell’interesse del piccolo, che deve avere anche una figura paterna». Però. Però l’avvocato Capuana non nasconde la sua amarezza. Tutto comincia alla fine dello scorso febbraio, quando il Tribunale, nel dirimere la causa di separazione fra Yulia Kosenko e suo marito, decide di fatto di affidare il loro bambino al padre.

«Una collocazione prevalente - precisa l’avvocato Capuana - nella casa del padre a Biassono, con il diritto alla visita da parte della madre solo a determinate condizioni: la donna, un ingegnere russo di 32 anni, avrebbe dovuto lasciare l’abitazione del coniuge e trovarne una nuova nonostante avesse un reddito insufficiente e avrebbe potuto a quel punto vedere il figlio solo una volta ogni 15 giorni». Yulia, in preda alla disperazione, il 26 febbraio fugge in Russia col bambino e la madre. Intanto il ricorso presentato dal padre peggiora le cose, almeno per la donna. Il giudice infatti a quel punto dispone «l’affidamento del figlio al padre in via esclusiva, con divieto di espatrio del minore medesimo e facoltà per la madre di vederlo con la frequenza e le modalità che saranno previste dai Servizi Sociali non appena il minore avrà fatto ritorno presso la residenza del padre». Di qui la lettera-sfogo della donna al nostro giornale.

L’AVVOCATO Capuana però precisa: «La settimana scorsa mi ha chiamato anche il console italiano in Russia. Stavo lavorando per arrivare a un accordo consensuale: l’affidamento sarebbe tornato condiviso, la mia cliente avrebbe riportato il figlio in Italia». In cambio, l’ex marito avrebbe contribuito al mantenimento del piccolo. E a una casa per la donna. E adesso?

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