Monza, 30 settembre 2012 - Un assist rompe l’isolamento di Sem Galbiati, il sindaco “eretico” del Pd che in una scuola di Cavenago in Brianza vuol creare una mensa separata dove consumino la schiscetta i figli degli insolventi - genitori che, con dolo o per vera indigenza, non pagano la retta. La sua soluzione per le sorelline di 7 e 9 anni escluse dal servizio di refezione dell’istituto Ada Negri è approvata da Lucia Rizzi, meglio nota come Tata Lucia. La severa star del programma televisivo "Sos Tata", autrice di sei bestseller in cinque anni per Rizzoli, tra i quali "Fate i compiti!", del 2009, che applica il suo approccio comportamentale al pianeta scuola.
E Tata Lucia conferma quanto ripete, da giorni, il sindaco Galbiati: quella che qualcuno ha definito "mensa dei poveri" è "realtà consolidata in diverse costose scuole private, oltre che nelle scuole pubbliche di altri Paesi".
Dividere chi mangia a mensa da chi porta il pranzo da casa non è una discriminazione?
"Solo se le cose non vengono spiegate ai bambini nel modo giusto. Se invece di far passare il messaggio che “loro stanno di là perché sono dei poveracci e non pagano” si presenta la cosa come una possibilità (“Puoi mangiare il cibo della mensa oppure puoi portarlo da casa”) non ci saranno problemi. Fior di scuole private permettono di consumare la schiscetta su un tavolo separato in mensa, lasciando alle famiglie la scelta".
Per motivi religiosi?
"Non solo, è anche questione di abitudini. I bambini svedesi, ad esempio, pranzano con due carote e due kiwi... È un’opzione che incrementa la libertà. Purtroppo le scuole pubbliche, da noi, non la concedono; se lo facessero credo che molte società di ristorazione vedrebbero crollare i propri incassi. Naturalmente far mangiare i figli a mensa è anche una comodità, così come la schiscetta può essere un risparmio, ma se diventa solo una scelta della famiglia nessuno si sentirà escluso".
C’è proprio bisogno di separare chi si porta la schiscetta?
"Dal punto di vista sanitario è comprensibile: spessissimo i bambini si scambiano il cibo, e può diventare un problema se in mensa devono entrare solo alimenti controllati, o se qualcuno è allergico a qualcosa. Addirittura per le feste di compleanno si arriva a far portare solo roba confezionata, mentre la torta preparata dalla mamma non è ammessa...".
Un po’ eccessivo.
"Più che altro, si potrebbe benissimo educare un bambino a mangiare solo il suo cibo. Anche a scuola si dovrebbe crescere con la capacità di rispettare le regole pur essendo liberi. Ma qui il problema non è sicuramente dei bambini".
Invece, oltre che di separare i tavoli, qui si parla di mandare chi ha il pranzo della mamma in un’altra stanza.
"La decisione dipende dalle necessità, che possono essere dettate dall’età o dalle abitudini dei bambini. Ad esempio qualcuno, vedendo che il compagno ha pane e cioccolata, non vorrà più saperne del minestrone. Soprattutto se il compagno è generoso...".
Agli occhi dei bambini è fortunato chi mangia pane e cioccolata.
"Il caso, infatti, lo creano gli adulti. A me francamente questa polemica sembra forzata. Certo, non esistono organizzazioni perfette, ma esistono cose fattibili, come lasciare una libertà alle famiglie senza creare un problema di discriminazione. Da che mondo e mondo i bambini a scuola si sono portati il cibo da casa... Il problema non è loro, casomai deriva da una gestione sbagliata della situazione da parte degli adulti".
di Giulia Bonezzi
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