di Dario Crippa

Giussano, 28 settembre 2012 — È la primavera del 2008 quando a Giussano viene «attivata» una nuova locale di ’ndrangheta. Rocco Cristello, per anni a capo della storica locale di Seregno, è morto da poche settimane, ucciso in un agguato sotto la sua abitazione dal gruppo che fa capo alla famiglia rivale degli Stagno. Il vero boss dei boss di tutte e 15 le cosche attive in Lombardia in quel momento, vale a dire Carmelo Novella, sarebbe in realtà contrario alla nascita della nuova organizzazione.

Carmelo Novella è consapevole del fatto che il suo potere rischia di essere messo a dura prova: sa bene che una nuova locale a Giussano dipenderebbe per diretta emanazione da quella di Guardavalle, in provincia di Catanzaro in Calabria, retta dai suoi rivali storici: Vincenzo Gallace, Cosimo Leuzzi e Andrea Ruga. Gli equilibri però si stanno ridisegnando, in Calabria come in Lombardia, e questo significa sangue.

La nuova locale di Giussano nasce dunque lo stesso, che a Novella piaccia o meno. E non è certo un caso che il suo primo capo, insignito in Calabria di tutte le «doti» necessarie a reggere la nuova locale, risponda al nome di Antonino Belnome, boss emergente. Passano poche settimane e il quadro si fa più chiaro a lettere di fuoco: in un bar di San Vittore Olona, nel Legnanese, dove si trova ogni pomeriggio Carmelo Novella, entra un commando armato fino ai denti: ne fanno parte proprio Antonino Belnome e il suo vice Michael Panajia. I due ordinano un cappuccino, quindi scaricano le loro pistole in faccia a Carmelo Novella.

L’omicidio è stato ordinato direttamente in Calabria, Vincenzo Gallace e i suoi sodali attendono la notizia davanti al televideo. Compare Nuzzo Novella, che coltivava il sogno di affrancarsi dalla casa madre calabrese, viene eliminato. Antonino Belnome acquisisce un potere che sino a quel momento avrebbe potuto solo immaginarsi. E alla locale di Giussano accorrono nuovi adepti: ne parla proprio Belnome, nel frattempo pentitosi, nella sua confessione-fiume davanti al procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Milano Ilda Boccassini. Lo conferma anche Michael Panajia, che ammette di aver fatto parte del commando omicida e di aver guidato la locale di Giussano dopo l’arresto del suo ex capo.

Affiliati storici e «rimpiazzi», come Belnome chiama ad esempio i nuovi affiliati. Per fare qualche nome, basta spulciare l’ultima ordinanza dell’Operazione Ulisse, che ha portato a 37 arresti in Brianza due settimane fa. A cominciare da Ulisse Panetta che - dicono gli inquirenti - «rappresenta il segno di continuità della ’ndrangheta: già “contabile” della locale di Giussano, dopo gli arresti dell’operazione Infinito (fra cui proprio quello di Antonino Belnome, ndr) è divenuto “capo società”, e dunque vice del nuovo capo locale Panajia». Zio materno di Panajia, è lui uno dei primi «a chiamarsi il posto» nella nuova locale andando a ricoprire il ruolo di contabile grazie alla elevatissima dote di «santa».

Fra gli affiliati storici c’è Salvatore Rosario Fraietta, anche lui fra coloro che chiesero di entrare a far parte della locale di Giussano dopo la sua apertura. A Giussano entrano anche i fratelli Pasquale, con la dote di «santa», poi promossa a «vangelo», e Nicola. Nicola Guido è invece un «rimpiazzo»: il suo soprannome è «Betteju», e si tratta di un giovane calabrese di Guardavalle, molto vicino a Cosimo Gallace, figlio del boss Vincenzo, che in occasione delle sue nozze gli ha fatto addirittura da «compare di anello», vale a dire testimone.

Partecipa ai summit della cosca, compreso quello in cui si progetta l’omicidio di Antonio Tedesco, detto l’Americano. A summit o «mangiate» organizzati al maneggio di Bregnano, dove si custodisce l’arsenale della cosca, c’è anche Giuseppe Di Noto, affiliato con la dote di «picciotto». Attivo nello spaccio, vanta anche parenti già coinvolti in vicende di ’ndrangheta: è fratello di Salvatore e zio di Simone Di Noto, entrambi condannati a 8 anni nell’inchiesta Infinito.

2- continua