CAVENAGO (Monza e Brianza), 26 settembre 2012 -  SEM GALBIATI non ha alcuna intenzione di fermarsi. Il sindaco Pd di Cavenago non cambia idea: la proposta della «mensa per i bimbi poveri», del locale separato per chi non paga il buono pasto, è ancora sul tavolo. Attende solo il vaglio dell’Asl territoriale, un via libera che potrebbe arrivare a giorni, nonostante il polverone mediatico e gli attacchi che gli hanno riservato amici e nemici, anche di partito.

«SONO STATO lasciato solo. Non mi è arrivata nessuna telefonata dall’Anci, né da altre istituzioni o partiti. Eppure sto gestendo un problema comune a tutti. E lo sto facendo senza ipocrisie», dice. Un caso raccontanto dal nostro giornale e rimbalzato sui media di tutta Italia. Quello delle due bambine siriane, di 7 e 9 anni, a cui giovedì scorso è stato negato il pranzo perché i genitori, morosi, si sono rifiutati di pagare e di concordare un piano di rientro: da qui la scelta del sindaco di allestire un refettorio per chi non paga la retta e vuole portare il pasto da casa.

NESSUN ripensamento. Tanto che da venerdì le bimbe consumano il cibo preparato dalla famiglia: per ora lo fanno insieme ai compagni, nella stessa mensa. Ma senza le posate, i piatti e i bicchieri forniti dalla società di ristorazione, la Sodexo, prima artefice della linea dura messa in campo per recuperare 23mila euro di debiti.
Loro con la «schiscetta», come si dice in lombardo, gli altri con primo, secondo, contorno e dessert. Non ci sono muri a dividerli, per il momento: solo un’insegnante che siede accanto alle piccole per evitare lo scambio di cibo tra gli alunni, in modo da scongiurare ogni eventuale «contaminazione» che possa generare intolleranze alimentari. Il punto è che le norme dell’Asl vietano di introdurre in mensa prodotti non confezionati, non preventivamente controllati.

«PER ADESSO procediamo così, anche se siamo di fronte a una forzatura normativa: stiamo facendo il possibile per tutelare le ragazzine», spiega Franco Maria Franci, preside della scuola Ada Negri. Dunque, norme alla mano, l’inedita mensa separata sembrerebbe l’unica soluzione definitiva, visto che il Comune non ha più le risorse per ripianare il debito dei morosi, furbetti o poveri che siano. Sem Galbiati sta per distribuire un questionario ai genitori: vuole sapere quanti sono disposti a far pranzare i loro figli con la «schiscetta», nella stanza separata: «Come già succede in molti Paesi del Nord Europa, dalla Finlandia all’Inghilterra, senza alcuno scandalo. Chi mi critica nasconde la testa sotto la sabbia. Ho ricevuto insulti da colleghi che hanno cementificato il loro territorio, da loro non accetto lezioni. Sono un uomo di sinistra e come tale cerco di proporre soluzioni all’emergenza sociale che sta travolgendo la nostra comunità».
marco.dozio@ilgiorno.net

SEM GALBIATI non ha alcuna intenzione di fermarsi. Il sindaco Pd di Cavenago non cambia idea: la proposta della «mensa per i bimbi poveri», del locale separato per chi non paga il buono pasto, è ancora sul tavolo. Attende solo il vaglio dell’Asl territoriale, un via libera che potrebbe arrivare a giorni, nonostante il polverone mediatico e gli attacchi che gli hanno riservato amici e nemici, anche di partito.

«SONO STATO lasciato solo. Non mi è arrivata nessuna telefonata dall’Anci, né da altre istituzioni o partiti. Eppure sto gestendo un problema comune a tutti. E lo sto facendo senza ipocrisie», dice. Un caso raccontanto dal nostro giornale e rimbalzato sui media di tutta Italia. Quello delle due bambine siriane, di 7 e 9 anni, a cui giovedì scorso è stato negato il pranzo perché i genitori, morosi, si sono rifiutati di pagare e di concordare un piano di rientro: da qui la scelta del sindaco di allestire un refettorio per chi non paga la retta e vuole portare il pasto da casa.

NESSUN ripensamento. Tanto che da venerdì le bimbe consumano il cibo preparato dalla famiglia: per ora lo fanno insieme ai compagni, nella stessa mensa. Ma senza le posate, i piatti e i bicchieri forniti dalla società di ristorazione, la Sodexo, prima artefice della linea dura messa in campo per recuperare 23mila euro di debiti.
Loro con la «schiscetta», come si dice in lombardo, gli altri con primo, secondo, contorno e dessert. Non ci sono muri a dividerli, per il momento: solo un’insegnante che siede accanto alle piccole per evitare lo scambio di cibo tra gli alunni, in modo da scongiurare ogni eventuale «contaminazione» che possa generare intolleranze alimentari. Il punto è che le norme dell’Asl vietano di introdurre in mensa prodotti non confezionati, non preventivamente controllati.

«PER ADESSO procediamo così, anche se siamo di fronte a una forzatura normativa: stiamo facendo il possibile per tutelare le ragazzine», spiega Franco Maria Franci, preside della scuola Ada Negri. Dunque, norme alla mano, l’inedita mensa separata sembrerebbe l’unica soluzione definitiva, visto che il Comune non ha più le risorse per ripianare il debito dei morosi, furbetti o poveri che siano. Sem Galbiati sta per distribuire un questionario ai genitori: vuole sapere quanti sono disposti a far pranzare i loro figli con la «schiscetta», nella stanza separata: «Come già succede in molti Paesi del Nord Europa, dalla Finlandia all’Inghilterra, senza alcuno scandalo. Chi mi critica nasconde la testa sotto la sabbia. Ho ricevuto insulti da colleghi che hanno cementificato il loro territorio, da loro non accetto lezioni. Sono un uomo di sinistra e come tale cerco di proporre soluzioni all’emergenza sociale che sta travolgendo la nostra comunità».
marco.dozio@ilgiorno.net