di Martino Agostoni

Monza, 25 aprile 2012 - Famoso in tutto il mondo, non c’è appassionato di Formula 1 che non conosca le sue curve a memoria, eppure sulle carte ufficiali della città non c’è: l’Autodromo nazionale di Monza è un immobile fantasma e per l’Agenzia del Territorio è classificato come un «fabbricato non dichiarato».

Il tempio della velocità nato nel 1922 è in ritardo di almeno una cinquantina d’anni sulla registrazione dei suoi impianti ed edifici al Catasto comunale. Al punto che oggi la maggior parte delle strutture presenti, dai nuovi box su due piani con la sala stampa e la terrazza, alla palazzina ospitalità realizzati nel 2001, poi molte tribune, fino addirittura alle tre varianti lungo il tracciato, non rientrano nella lista degli immobili regolarmente accatastati sia per permettere il rilascio dei certificati di agibilità sia per effettuare il calcolo dei tributi comunali sugli immobili.

E guardare l’ultima mappa catastale dell’Autodromo registrata a Monza è come fare un salto nella storia dell’automobilismo, perché presenta il tracciato di Formula 1 nella versione degli anni ’60, quella su cui hanno corso piloti come Jim Clark o Jackie Stewart, senza le chicane. Sul rettifilo principale ci sono le sagome delle vecchie tribune, mentre il villaggio interno al tracciato è ancora composto da una decina di piccoli edifici di cui oggi si solo salvate sole le vecchie rimesse, mentre i box sono ancora quelli bassi e sottili, senza padiglioni e nuovi building dell’hospitality realizzati nei decenni successivi: tutto un altro scenario rispetto al complesso moderno di vetri a specchio e acciaio.

Sono 16 in tutta Monza i fabbricati classificati dall’Agenzia del Territorio sotto la dicitura «non dichiarati» e sono tutti localizzati nel Parco, e più precisamente all’interno dei 185 ettari dove sorge il circuito, dati in concessione dai Comuni di Monza e Milano a Sias spa, la società dell’Aci Milano che gestisce l’Autodromo ed è titolare dell’organizzazione del Gran Premio d’Italia di Formula 1. Non è corretto definire abusivo l’impianto, perché i permessi per le edificazioni avvenute negli anni sono stati rilasciati, ma i due Comuni proprietari dell’area si sono dimenticati di accatastarle, mentre per Sias si apre la questione tributaria sugli arretrati Ici perché nella veste di concessionario è il soggetto che ha l’onere di pagare i tributi sugli immobili che, secondo le norme, valgono tanto per gli edifici iscritti al Catasto, quanto per quelli iscrivibili.

Prima però va chiusa la procedura di accatastamento. Da circa un anno si sta cercando di correre ai ripari, da quando l’Agenzia del Territorio ha fissato, dopo numerose proroghe, nel 30 aprile 2011 il termine ultimo per presentare l’aggiornamento catastale prima di far scattare l’iscrizione d’ufficio e tutte le sanzioni conseguenti.

L’8 aprile 2011 la Giunta monzese ha accolto la proposta di Sias per l’esecuzione dei rilievi per l’accatastamento e ha accettato che il concessionario anticipasse i 66mila euro necessari per far eseguire la perizia. Dopo un anno lo studio non è ancora chiuso ma, secondo l’assessore al Parco Pierfranco Maffé, questo non pregiudica l’agibilità dell’Autodromo. «È un impianto sportivo - spiega - e non rientra nelle norme che ne impediscono l’uso se non iscritto al Catasto. È invece da chiarire la questione tributaria».

Mentre sugli oltre 50 anni di mancate iscrizioni al Catasto «dipende soprattutto dall’assenza di interessamento che c’è sempre stata da parte del Comune di Milano - dice Maffé - e siamo intervenuti d’imperio solo noi da Monza l’anno scorso. Ora l’accatastamento procede anche se a rilento perché si sovrappongono negli anni molti edifici e per ognuno bisogna ricostruire i rispettivi oneri».