di Laura Marinaro

Brugherio, 15 aprile 2012 - Hanno bloccato i cancelli dello stabilimento per l’intera giornata di venerdì impedendo, per alcune ore, ai circa 300 operai dello stablimento di entrare. Una protesta messa a segno dai sindacati dei lavoratori della Candy di Brugherio per chiedere all’azienda un confronto sul tema della delocalizzazione della produzione. La loro paura, infatti, è che in questo periodo di crisi la famiglia Fumagalli preferisca produrre a costi ridotti le proprie lavatrici in Cina e vendere i prodotti ai prezzi di sempre in Italia.

Tutto è iniziato quando la Fiom ha deciso di bloccare i cancelli e l’entrata degli operai che sono rimasti per alcune ore all’esterno a manifestare. «L’adesione alla fine è stata quasi totale - spiega Polo Mancini della Fiom - anche se ovviamente non tutti sono rimasti davanti ai cancelli: quello che chiediamo è chiarezza da parte dell’azienda, un confronto decisivo sul nostro futuro».

Ma a scatenare la protesta è stato un episodio in particolare. «Negli scorsi mesi avevamo avuto rassicurazioni da parte della famiglia Fumagalli che lo stabilimento brugherese, dove sono arrivati anche i lavoratori della ex Bassel (azienda comprata dalla Candy e poi chiusa nel lecchese), sarebbe stato potenziato - dice il sindacalista -, ma poi andando in giro negli ipermercati della zona, alcuni di noi hanno scoperto che esistono delle lavatrici Candy prodotte in Cina e vendute qui: loro ci avevano detto che la produzione cinese era destinata solo al mercato asiatico. Vogliamo solo capire cosa sta succedendo».

Le speranze per i lavoratori erano anche riposte nell’ampliamento dello stabilimento di via Comolli. Un’operazione urbanistica che era stata approvata lo scorso anno in Consiglio e che oggi – con il commissariamento dell’Amministrazione Ronchi – diventa una pratica da chiudere per il commissario. Aldo Fumagalli, presidente dell’azienda, aveva allora promesso di valutare la possibilità di definire l’ampliamento, ma agli operai successivamente era stato detto il contrario.

Alla fine comunque sul tavolo del confronto i lavoratori porteranno diverse istanze e persino alcune idee: «Molti di noi hanno dato la vita alla Candy - commentano i dipendenti -, perché invece di andare in Cina non delocalizzano in Sardegna dove i costi sono comunque bassi, la gente ha bisogno di lavorare ed essendo una Regione Autonoma si avrebbero anche vantaggi fiscali? Quasi ci sembra che i Fumagalli si siano stancati di fare gli imprenditori». A questo punto non resta che aspettare una risposta, altrimenti la protesta si farà più ancora intensa.