di Marco Dozio
Vimercate, 28 marzo 2012 - Il telefono squilla. L’utenza è siriana. Dall’altro capo della linea c’è Kharat Mohammed, il padre di Houda Emma, la bimba di due anni che ha strappato dalle braccia della madre, Alice Rossini, il 18 dicembre. Rapita e portata e in Siria, sua terra d’origine.
Da allora nessuna traccia, fino alla telefonata dei giorni scorsi. È il primo vero contatto «a voce» dopo alcuni messaggi contradditori su facebook. È il contatto che riaccende la speranza. Kharat parla con la nonna di Emma, poi le passa una bambina che abbozza qualche parola di arabo, intervallata dall’invocazione «mamma, mamma». Potrebbe essere lei, la piccola Emma.
«Ma non ne abbiamo la certezza perché la sua famiglia è molto numerosa, potrebbe essere un’altra bimba, una sua parente», dice con prudenza mamma Alice. Che immediatamente si precipita a casa e riesce a ricontattare l’ex marito. Un dialogo gonfio di pianti e disperazione. «Ho detto di farmi riavere mia figlia, che non posso più vivere così, che sono disponibile a trovare un accordo».
Kharat dice che Emma sta bene, e che lui non vuole tornare in Italia per paura di essere arrestato. La comunicazione si interrompe, Alice non riesce più a riprendere la linea. Più tardi l’uomo si rifà vivo attraverso internet, con alcune frasi inviate attraverso messenger e facebook. Frasi terribili. «Ha scritto che la piccola può tornare in Italia solo morta, siamo molto preoccupati», aggiunge Luca Zita, l’avvocato che sta seguendo la vicenda con l’aiuto di un legale nominato in Siria, una donna. «Che purtroppo in questo momento ha pochi margini di manovra, ormai in quel Paese sono diventati difficili anche gli spostamenti».
E poi c’è l’ambasciata italiana che ha chiuso i battenti: «Il personale italiano è stato rimpatriato, stiamo cercando di contattare il consolato di Aleppo». Che poi sarebbe la città della famiglia Kharat, dove il 25enne potrebbe essersi nascosto. «Abbiamo indizi che si trovi proprio ad Aleppo», aggiunge Zita prima di lanciare un appello: «Vogliamo che lui sappia che da parte nostra c’è la massima disponibilità a trovare un accordo. Non deve avere paura, tutto può aggiustarsi».
È un invito alla calma. Perchè se da un lato la telefonata ha ridato corpo alla speranza, dall’altro resta l’allarme per i segnali di nervosismo manifestati dal giovane. Alice non smette di pensare a sua figlia. «Possiamo fare in modo che Kharat non subisca conseguenze per quello che ha fatto, se è di questo che ha paura. Potremmo trovarci in un’altra nazione, a metà strada. Qualsiasi soluzione pur di riabbracciare Emma».
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