Burago di Molgora, 5 marzo 2012 - «L’ho promesso al mio Matteo in punto di morte. Mi batterò con tutte le mie forze per far votare al Parlamento il reato di omicidio stradale. Forse questa è la volta buona, la Commissione Trasporti della Camera e il Governo sono d’accordo». Parla così Croce Castiglia, che tre mesi fa ha seppellito il figlio, Matteo La Nasa, di 20 anni, morto il 21 novembre scorso all’ospedale di Lecco dopo 16 mesi di coma: a luglio 2010 una macchina gli è piombata addosso mentre era seduto al bar Caminetto di Versasio, sopra Lecco, con la fidanzata e i genitori di lei.

Da qual giorno per «mamma Croce» è un tormento. Anche lei condannata, come altre mamme che ha conosciuto, «all’ergastolo del dolore». La loro battaglia potrebbe presto venire riconosciuta. Il Governo sta pensando di introdurre l’omicidio stradale con una pena da 8 a 18 anni per chi uccide mentre guida ubriaco o drogato. Il Ministro dello Sviluppo economico e dei Trasporti Corrado Passera ha dato il suo favore all’introduzione della nuova fattispecie penale: «È la più bella notizia avuta negli ultimi mesi. Non per spirito di vendetta ma perché i giovani devono capire a che rischi si va incontro se si guida in certi modi».

Questa donna di Burago Molgora ha unito la sua voce a quella di altre madri italiane. Tutte insieme il 25 gennaio hanno fatto pubblicare due pagine sul Giorno con tante foto di giovani morti sulle strada «per scuotere le coscienze di istituzioni sonnolente e persone che pensano che la tragedie capitano solo agli altri». L’iniziativa è partita dalla Lombardia, ma grazie al tam tam di Facebook ha raggiunto il Sud e si è concretizzata grazie ai tanti familiari di vittime che si sono uniti in questo progetto: «Abbiamo voluto dar voce a un dolore che non può più essere silenzioso e tantomeno sottomesso a leggi che non rendono giustizia ai familiari e che nelle aule dei tribunali massacrano le vittime una seconda volta».

Le 80 mamme «orfane dei figli» si sono conosciute su internet, partecipando a dibattiti e manifestazioni per ricordare le vittime della strada. Vogliono che il Parlamento voti la proposta di legge che istituisce il reato di omicidio stradale: «Cerchiamo solo giustizia. Mio figlio è sottoterra e chi lo ha ucciso non ha fatto neppure un giorno di galera. Per ora se l’è cavata con 30 giorni di ritiro della patente», si lamenta Croce, che è riuscita a ottenere con altre madri il 25 aprile un’udienza dal Papa: «Chiederemo al Santo Padre una parola di conforto». Intanto va avanti il processo per la responsabilità della morte di suo figlio.

Lei, suo marito Saverio La Nasa e le figlie Claudia e Giulia sono apparsi davanti al Giudice di Pace per subentrare - come eredi della parte lesa - nel processo per lesioni gravissime. Il giudice Elisabetta Cossio ha rinviato l’udienza al 27 aprile 2012. Il Giudice di Pace ha voluto aspettare l’esito dell’autopsia chiesta dal sostituto procuratore di Lecco Rosa Valotta. Il magistrato ha notificato 12 avvisi di garanzia - atti dovuti - per 11 medici e personale sanitario che in questo tempo ha avuto in cura Matteo. Il dodicesimo avviso di garanzia è per D.V., il giovane lecchese di 21 anni che la sera del 18 luglio 2010 piombò sui tavoli del bar Caminetto. Se i medici verranno scagionati dalla perizia, allora vorrà dire che la causa della morte è l’incidente. A quel punto l’accusa per il giovane lecchese passerà da lesioni gravissime a omicidio colposo e diventerebbe di competenza della Procura.

di Antonio Caccamo