Vimercate, 4 febbraio 2012 - Il viaggio della speranza nella terra della disperazione. A Damasco, dove la sveglia la danno i colpi di kalashnikov e la giornata è scandita dai funerali dei «martiri». Sei giorni in Siria per cercare la figlia rapita. Mamma Alice Rossini, 31 anni, è volata nella polveriera del medio oriente col suo avvocato Luca Zita, sulle tracce dell’ex marito di 25 anni Mohammed Kharat che il 18 dicembre scorso le ha portato via la piccola Houda Emma, di 21 mesi appena.

«Non ce la facevo più ad aspettare notizie al telefono». E allora venerdì scorso decide di partire in gran segreto, d’accordo con la Farnesina che sta coordinando le operazioni di ricerca. «Abbiamo tenuto nascosto il viaggio per motivi precauzionali: non potevamo permetterci di dare punti di riferimento al mio ex marito». A Damasco alloggia in un convento di frati francescani, nella parte cristiana della città. «L’ambasciata ha provveduto a trovare una sistemazione in un luogo relativamente sicuro».

Per quanto può essere sicura una capitale travolta dalla guerra civile. «Ci svegliavamo con le esplosioni dei kalashikov e l’eco delle bombe: la situazione resta gravissima, le strade si riempiono ogni giorno per i funerali delle persone uccise da scontri e attentati». Il contesto più difficile per procedere con le ricerche. Soprattutto se si considera che per la giustizia siriana Mohammad Kharat non ha compiuto nessun reato, nessuna «sottrazione di minore», e dunque non è nemmeno ricercato dalla polizia del posto.

«Purtroppo le leggi di quel Paese ci penalizzano, non sono paragonabili a quelle in vigore in Italia. Al contrario, la legislazione della Siria in queste situazioni favorisce il marito, sembra incredibile ma è così». La prima mossa è stata quella di nominare un legale «in loco». Un avvocato siriano, donna, specializzato in casi simili, quindi in grado di muoversi con le autorità locali. Sa dove cercare e cosa fare. Un modo per dare impulso alla speranza: «Abbiamo molta fiducia in lei, contiamo che possa trovare i canali giusti per rintracciare mia figlia, per sapere come sta». E naturalmente per sapere dove si trova. Perché al momento nessuno ha certezze sulla presenza di Emma in Siria.

L’unico indizio è un sms inviato da un’utenza di Damasco la sera del 19 dicembre, con cui l’ex marito confermava di aver portato via la piccola: «Ma non siamo sicuri che l’abbia spedito lui». A complicare il quadro i messaggi enigmatici di poche settimane fa, scritti da Kharat su facebook utilizzando un’identità fasulla: «Diceva che si sarebbero trasferiti in un altro Paese, che sarebbero andati via dalla Siria per non essere mai più trovati». Alice si fa coraggio. L’impegno delle istituzioni la conforta. Le indagini sono condotte dall’interpol con il supporto dell’ambasciata: «Ringrazio tutti per gli sforzi che stanno facendo in un teatro di guerra come la Siria: il personale dell’ambasciata ci è stato molto vicino, hanno garantito che le ricerche stanno continuando senza sosta». E ora c’è quel filo rosso con l’avvocato siriano che alimenta la fiducia: «Siamo costantemente in contatto con lei», ribadisce Alice. Si intravede un frammento di serenità: «Andare sul posto mi ha fatto bene: ho avuto delle risposte e ho dato un contributo in prima persona. Di sicuro continuerò a sperare di riabbracciarla finchè avrò vita».