Vimercate, 21 gennaio 2012 - Funerali separati per Azucena Morena Laino e Antonio Campanini, i due anziani uccisi 18 giorni fa nella villetta di via Adige a Vimercate. La dolce Gigliola, come la ricordano i suoi amici, riposa ora nella terra del camposanto di Vimercate. Ieri pomeriggio alle 15 è stata sepolta con una semplice cerimonia, come prevede il rito dei Testimoni di Geova, confessione a cui aveva aderito. La salma dell' ingegnere Campanini, l'uomo di cui era stata dama di compagnia e a quanto pare ora doveva sposare, sarà tumulata oggi a Parma, la sua città natale. Lontano da Azucena. Che è stata sepolta sotto lo sguardo triste del figlio Edoardo, di alcuni amici argentini e dei Testimoni di Geova di Arcore. Il figlio ha posato sulla bara un mazzo di rose bianche, accanto a una corona di fiori gialli, bianchi e rossi. «Resterò qui ancora una settimana», dice a cerimonia finita.

Edoardo è arrivato in Italia sabato scorso da Cordoba, in Argentina , dove era nata anche Azucena 78 anni fa: «Sono venuto per organizzare i funerali della mamma». Ieri, prima che fosse chiusa nella bara, ha rivisto il volto della madre per l'ultima volta. «Il viso dolce di sempre - ricorda -. La ferita alla testa era coperta da una fascia, mi hanno evitato il dolore di vederla». Edoardo sentiva spesso la mamma. E racconta che lei e l'ingegnere Campanini volevano sposarsi: «A dicembre, prima di Natale, era venuta in Argentina per firmare le pratiche del divorzio. Con mio padre erano separati da anni, ma non avevano ancora sciolto il matrimonio».

È sicuro di quello che dice: «Il 2 gennaio la mamma mi ha detto che Antonio aveva preso un appuntamento nel comune di Vimercate proprio per organizzare le nozze». Edoardo conferma dunque quelle che sembravano semplici voci: «N e parlavano da qualche anno. Anche quando Antonio è venuto in Argentina insieme alla mamma ». Di sospetti non ne ha. Si limita a dire: «Lei non mirava al patrimonio dell'ingegnere. Anzi gli ripeteva di dividere l'eredità tra i figli prima di sposarla, per evitare rancori. Così poi loro avrebbero potuto vivere la loro vita». E poi aggiunge: «Aveva detto ai figli che era disposta a firmare una lettera davanti al notaio in cui dichiarava che non voleva l'eredità».

Sono cose che Edoardo ha raccontato anche ai carabinieri che indagano per risolvere il giallo del delitto di via Adige che diventa sempre più fitto e intricato . Affermazioni che gli investigatori stanno ora verificando. Fa sì con la testa, per confermare le parole di Edoaordo, l'amico Alfredo, argentino arrivato in Italia, a Bergamo, 22 anni fa: «Ci conoscevamo da tantissimi anni. Per Gigliola ero come un secondo figlio. Mi parlava della sua vita con l'ingegnere. Mi diceva che tra lui e i figli c'erano problemi. E che lei soffriva per questo». E ricorda che sua moglie e Azucena dopo Capodanno avevano deciso di incontrarsi: «M ercoledì ha continuato a chiamarla. Ma non rispondeva. Abbiamo capito quando ci hanno detto che qualcuno l'aveva uccisa insieme all'ingegnere». È stato proprio Alfredo ad avvisare Edoardo in Argentina della tragedia.