Giussano, 9 dicembre 2011 - «Voglio rispondere». Comincia così la deposizione-fiume in cui Antonino Belnome ricostruisce, passo dopo passo, l’omicidio di Carmelo Novella. Il «boss dei boss», che aveva ai suoi piedi la ’ndrangheta di quasi tutta la Lombardia, viene ammazzato da due killer in un bar di San Vittore Olona, nel Legnanese. È il 14 luglio del 2008. Il «secondo» killer è proprio Antonino Belnome.

 

«In sostanza ero io il responsabile della preparazione dell’omicidio» ammette Belnome davanti ai magistrati. È il momento culminante dell’operazione Bagliore, che di lì a qualche mese porterà all’arresto di 19 persone coinvolte in quattro omicidi, a partire proprio da quello di Novella. Le pistole (chiamate «intonacatrici» in un’intercettazione) - due 38 a tamburo, che meglio di altre danno garanzia di non incepparsi, una a canna corta e una a canna lunga -, vengono prese nella «santa barbara» delle cosche al maneggio di Bregnano.

 

Viene deciso il percorso, si effettuano i sopralluoghi, si compone la squadra, si scelgono moto e targhe rubate. Addirittura, si acquistano i telefoni cellulari «vergini» con schede cinesi da usare in occasione dell’esecuzione. Il giorno dell’omicidio comincia in un bar di Cormano, hinterland milanese. Sono le 16. Seduti a bere una birra si ritrovano Antonino Belnome, Michael Panajia, Amedeo Tedesco, e i loro complici. Il commando attende una telefonata, un semplice squillo da San Vittore Olona che deve avvertire quando Carmelo Novella sarà entrato nel bar che è solito frequentare tutti i pomeriggi. Quando arriva la chiamata, Belnome e Panajia partono su una moto Kawasaki a cui è stata sostituita la targa con una rubata. Per effettuare il percorso bastano 25 minuti.

 

Amedeo Tedesco li segue a ruota su un grosso scooter rubato, ma «si perde» per strada. Belnome e Panajia arrivano al bar di San Vittore Olona. Novella è seduto a un tavolino nel giardino. «Abbiamo fatto finta di ordinare un cappuccino - racconta Belnome - ...avevamo visto dov’era seduto... e siamo usciti fuori. Una volta usciti fuori, abbiamo estratto le pistole e abbiamo sparato».

 

Panajia scarica il caricatore della pistola (almeno 5 colpi) contro la vittima, Belnome la finisce per sicurezza quando è già a terra con altri 3 colpi. «C’è stato un casino in quei trenta secondi - ricorda Belnome - chi scappava, chi si è buttato a terra... non si capiva niente». A quel punto i killer risalgono sulla moto e tornano a Cormano, dove si liberano di abiti e armi.

 

Belnome, finalmente raggiunto da Amedeo Tedesco, balza a bordo di una Mercedes classe A e fugge, destinazione Calabria, Guardavalle, dove rimarrà aspettando che le acque si calmino. I mandanti dell’omicidio, Andrea Ruga, Vincenzo Gallace e Cosimo Leuzzi, ovviamente sanno già tutto: hanno appreso la notizia quasi in tempo reale dal televideo. Il movente è chiaro: Novella era troppo «afavellato», in gergo ’ndranghetistico parlava troppo bene e sapeva convincere, trascinare. «Fuggito» dalla Calabria per trovare nuovo ossigeno quando aveva capito che a casa sua rischiava prima o poi di finire male, aveva preso a firmare la propria condanna accumulando potere e, soprattutto, lanciando un progetto rivoluzionario: staccare le ’ndrine lombarde dalla casa madre calabrese.

 

Belnome rivela: «La Jonica non l’ha mai calcolata lui, oggi come oggi la più potente è la Jonica... e lui aveva proprio il problema lì, con questi personaggi. I suoi problemi erano con loro: Vincenzo Gallace, Ruga Andrea, Cosimo Leuzzi, aveva contro non poco... non aveva la forza di affrontarli se rimaneva in Calabria...». In Lombardia «Nuzzo» Novella aveva fatto fortuna, «lo consideravano un dio, perché lui era molto abile nella favella».

 

Anzi, «tre quarti di locali erano in mano a lui; se non eravate in mano a lui avevate grossi problemi al Nord... faceva bello e cattivo tempo, quando lui prendeva una decisione... gli altri locali poi non volevano andargli contro perché significava la rovina...». E ancora, «dava determinate cariche, le prendeva, le levava, le ridava... poi aveva una favella della madonna... aveva questa forza... aveva uomini in tutti i locali, addirittura i locali erano (fatti) da lui». Il potere lo aveva però reso pericoloso. «Erano venuti a galla determinati fattori gravissimi... il Novella voleva ammazzare Vincenzo Gallace per prendergli il potere e, visto il suo carisma, vista la sua favella, viste le sue strategie, visto il personaggio che era, era molto pericoloso».