Burago di Molgora, 23 novembre 2011 - «Il mio Matteo non c’è più. Se n’è volato in cielo lunedì alle 13.30. Il destino ha voluto che morisse proprio a Lecco. Nella città dove 16 mesi fa è cominciato il suo calvario». È una madre sconfitta ma non doma Crocefissa Castiglia. Ha le lacrime agli occhi, il viso segnato dal dolore mentre le tocca annunciare che il suo amato figlio ha chiuso gli occhi per sempre nell’ospedale di Lecco: «Me lo ha ucciso il 18 luglio 2010, neanche 19enne, quella macchina che gli è piombata addosso dall’alto mentre lui era seduto al bar. Ma questa storia non finisce qui. Lotterò con tutte le mie forze affinché sia riconosciuto l’omicidio stradale. L’ho promesso a Matteo in punto di morte».

 

D'accordo con il marito Saverio ha autorizzato la donazione degli organi: «Ma hanno potuto prendere solo le cornee - racconta -. Non è stato possibile donare il cuore e i reni perché il magistrato ha ordinato l’autopsia. Servirà a stabilire se la morte di Matteo è la conseguenza diretta dell’incidente».La storia di Matteo La Nasa ha commosso tutta l’Italia. Un’auto gli è finita addosso mentre una domenica pomeriggio fuori da un bar di Lecco beveva una Coca Cola. Con lui c’era Dori, la fidanzata. Lei se l’è cavata. Ma per Matteo è cominciata la via crucis: tre operazioni alla testa. La riabilitazione. Sei mesi fa è tornato a casa dei genitori a Burago. Lui abituato a correre dietro il pallone sui campi da calcio, viveva in carrozzella. Non parlava, non camminava più ed era alimentato con la cannula. «Coma vegetativo», hanno sentenziato i medici. Mamma Croce non ha mai perso la speranza di vedere suo figlio tornare ad una vita normale. Dieci giorni fa l’aveva portato a villa Beretta a Costa Magnava per un nuovo ciclo di riabilitazione. «Avevano cominciato a fargli gli esami. Ma ha avuto un’ischemia al cuore. Sabato è arrivato in rianimazione all’ospedale Manzoni di Lecco. È rimasto aggrappato alla vita fino a quando ha potuto. Fino a quando il suo cuore generoso ha smesso di battere».

Il coraggio da gladiatore Matteo lo deve aver preso dalla madre. All’apertura del processo contro il ventunenne di Lecco che lo ha ha investito, il 7 ottobre Crocefissa ha portato anche Matteo: «Così che tutti vedessero come me lo hanno ridotto per uno stupido gioco. Su quella strada che passa sopra il bar fanno le gare, scommettono a chi va più veloce. Non è giusto. Non è giusto. Mio figlio non c’è più e a chi ha provocato tutto questo hanno ritirato la patente per soli tre mesi». Ora c’è il processo da celebrare. L’ipotesi di reato potrebbe trasformarsi presto da lesioni colpose gravissime in omicidio colposo. Dell’investitore Crocefissa non vuole parlare: «Non ci ha mai chiamato. Nè subito dopo l’incidente, nè ora che ha saputo della morte di Matteo».

 

L’autopsia sarà eseguita venerdì. Poi sabato o lunedì saranno celebrati i funerali a Burago Molgora. Li officerà il parroco, don Massimo, che è stato la guida spirituale della famiglia La Nasa nei terribili mesi dopo l’incidente. «Era un ragazzo dolce, generoso, che amava la vita. Un ometto meraviglioso. Il mio unico figlio maschio. Mi vengono in mente solo cose belle di lui». Insieme a lei lo piange la fidanzata Dori: «Matteo resterà sempre in mezzo a noi. Ce lo avrò al mio fianco come un angelo», dice in lacrime.  Si erano conosciuti a Lecco quanto avevano 14 anni. Non si erano mai più persi di vista: «Le è rimasta accanto. Se lo sarebbe tenuto anche in carrozzella. Lo avrebbe sposato. Aspettava solo che potesse parlare per poterle dire sì. Noi le abbiamo detto di rifarsi una vita. Ma lei al mio Matteo ci teneva così tanto. Come solo una donna innamorata può fare».