{{IMG_SX}} Agrate (Monza), 24 giugno 2010 - Pronti a imboccare la via legale, operai e sindacati della Carlo Colombo calano l’asso nella manica del tribunale per avere ragione dell’accordo sulla ricollocazione disatteso dalla proprietà che da nove giorni tiene sul tetto della fabbrica dismessa Salvatore Granese, Andrea Donnarumma, Daniele Lolli, Davide Battista, Lorenzo Pavese, Ivan Tommasi ed Emilio Casarotto.

 

La decisione è maturata ieri dopo le ultime sconfortanti notizie in arrivo dalla task-force pubblico-privata che dovrebbe risistemare 38 tute blu (come sancito dal patto rimasto solo sulla carta) in cassa fino al 31 dicembre. La prima riunione di martedì si è chiusa con un nulla di fatto.

 

"A questo punto, non escludiamo di impugnare l’accordo - annuncia Claudio Cerri della Fiom Cgil-Brianza - di conseguenza i licenziamenti, e risalendo a ritroso, la chiusura stessa dello stabilimento di Agrate. Sulla proprietà sta per piovere un’altra tegola". Il ricorso alla giustizia si fa più vicino. Da più di due giorni ormai la colonnina di mercurio segna temperature estive e in vetta si cuoce. «Siamo in corsa contro il tempo per centrare l’obiettivo, ripeteremo all’infinito che stiamo solo chiedendo ciò che ci spetta di diritto», aggiunge Antonio Castagnoli della Fiom.

 

"Vogliamo lavorare, non ci sono santi", spiega Mimmo Jakelich, dell’rsu e per ottenere il posto gli operai hanno già presentato un’altra proposta: «Quella di riportare in Brianza parte dell’attività produttiva da Pizzighettone, nel cremonese, dove è stata trasferita un anno e mezzo fa. Quanto basta per rispettare i patti e sistemare i famosi 38». Fra le condizioni su cui la Colombo ha fatto orecchie da mercante, il residuo del prepensionamento e l’incentivo per 26 lavoratori.

 

Ai cancelli si parla sempre con il naso all’insù. Gli otto «alpinisti» hanno ridotto i pasti da lunedì, imminente l’avvio dello sciopero della fame. "Il tempo in questa vicenda gioca un ruolo fondamentale - rimarca Cerri - ogni minuto che passa è un minuto in più che otto uomini vivono in condizioni impossibili". I lavoratori sono esasperati: "L’azienda è latitante da 18 mesi, e continua su questa china".

 

Sono i commenti che si registrano minuto per minuto al presidio. Le famiglie si preparano a trascorrere un altro weekend in strada. Sabato la piccola Simona, figlia di Ivan Battista, uno degli otto, compirà 9 anni e festeggerà on the road, “vicino” al suo papà. "E’ l’unico regalo che ha chiesto", racconta commossa mamma Monica.

 

Le istituzioni schierate dalla parte degli operai stanno facendo di tutto per uscire dall’impasse. La battaglia è bipartisan. I consiglieri regionali Roberto Alboni (Pdl) ed Enrico Brambilla (Pd) fanno pressione sul governo lombardo perché scenda in campo. A Roma, lo stesso.

 

Potrebbe essere il ministero del Lavoro, come successo con Yamaha, a mettere la parola fine a questa brutta storia. "L’azienda presenti un piano degno degli impegni che ha assunto", dice la senatrice Emanuela Baio (Pd) “invitando” i dirigenti a fare di più. Intanto il Pd provinciale lancia una sottoscrizione a favore delle tute blu di Agrate.

 

Una rappresentanza di operai interverrà fissa alle feste democratiche raccogliendo fondi a favore della causa. Vista la china che hanno preso gli eventi, la protesta rischia di andare avanti giorni e giorni. «Finché non ci sarà un apprezzabile un cambio di rotta», fanno sapere dal tetto.