Monza, 29 gennaio 2010- Dev' essere una questione di cuore. Non ci sono solo i conti in banca da riempire. La mobilitazione per difendere l’Autodromo di Monza e il «suo» Gran premio d’Italia dalle insidie romane deve arrivare dalla base. Dal popolo dei tifosi, degli appassionati. Da chi si fa tre giorni sotto il sole o la pioggia, da sempre. E loro sì che si sono organizzati. Nessun gesto plateale. Nessuna mobilitazione di piazza. Ma un lavoro nella rete, sfruttando il tam tam di Facebook.

 

Migliaia sono gli amici dell’autodromo che si sono iscritti ai gruppi creati proprio per contrastare la concorrenza della Capitale che vuole, dal 2012, un Gran premio di Formula Uno in un circuito cittadino ricavato lungo le strade dell’Eur. È soprattutto il fronte del Nord a essersi organizzato, ma poco più di un centinaio di romani hanno comunque deciso di difendere il loro campanile raccogliendo i favori di «molti siciliani, campani, calabresi e pugliesi che potranno facilmente raggiungere Roma per vedere questo spettacolo. Monza - scrivono - è troppo decentrata».Eppure «Monza is Monza». E poi, parliamoci chiaro, «non ci basta un Gp palloso come Montecarlo o Valencia?».

 

Insomma, altro che circuito cittadino. «Io che sono romano de Roma la Formula Uno proprio non la voglio», chiarisce uno dei 1.429 fans del gruppo «No al Gran premio di Roma». Ancora dal fronte romano, «Monza è la mejo». Il fondatore di quel gruppo, Luca De Maestri, invita periodicamente a raccogliere sempre più adesioni. Lui è uno che «a 10 mesi ho visto il mio primo Gp. Nella mia famiglia l’Autodromo è venerato e adorato. Un’istituzione». Qualcuno, però, si lamenta che «quello che in tanti chiamano il tempio dei motori oggi è una struttura fatiscente». Forse avrebbe voluto dire un po’ dimenticata e scollegata dal resto della città. Però la sua storia, non soltanto sportiva, vanno difese. Alex D’Agosta ha fondato il gruppo più numeroso, «500.000 firme per salvare il Gp di Monza». Ci hanno aderito quasi ventimila persone. Fra loro anche personaggi simbolo dello sport non soltanto motoristico, dal pilota Dindo Capello al manager di Loris Capirossi, Carlo Pernat, a Valentina Vezzali. Evidentemente non si tratta solo di una battaglia leghista contro «l’ennesimo scippo romano».

 

Evidentemente il cuore di chi ama l’automobilismo sportivo vuole difendere uno dei simboli della Formula Uno. «Che Roma si tenga tutti gli altri templi e a noi lasci quello della velocità». Richiesta sacrosanta. Il fatto è che il sindaco capitolino Gianni Alemanno ha capito che in tempi di crisi ci vogliono grandi cose per muovere la gente e calamitare fiumi di turisti. Con la Formula Uno sì che farebbe le cose in grande. Ma allora, propongono provocatoriamente on-line, «che ci dia in cambio il Colosseo».