Bernareggio, un mese dopo la voragine 12 famiglie sfollate

Tempi lunghi per il rientro. I danneggiati protestano con il sindaco, che risponde: non revoco l'ordinanza se non è tutto in sicurezza

La voragine che si è aperta a Bernareggio (Radaelli)

La voragine che si è aperta a Bernareggio (Radaelli)

Bernareggio (Monza), 19 luglio 2016 - Rimettere Bernareggio in sicurezza richiede tempo, ma le 12 famiglie ancora sfollate di via Dante non ne possono più di aspettare. Il cratere che ha distrutto la loro quotidianità costringendole ad abbandonare casa, le perseguita. Come la paura della pioggia e di un’altra alluvione che potrebbe avere lo stesso esito, se non peggio. Per dimostrarlo sventolano sotto al naso del sindaco un reportage fotografico in cui è condensata tutta la loro rabbia.

"A un mese esatto dalla voragine, siamo ancora in queste condizioni?", chiedono ad Andrea Esposito, che sa benissimo che i temporali dei giorni scorsi hanno aperto altri squarci vicino all’epicentro, chiuso al traffico dal 14 giugno. I senza tetto vogliono «risposte concrete» e il primo cittadino non si tira indietro. "Sembra tutto fermo, ma stiamo lavorando alacremente perché non succeda più - spiega - potrei convocare gli interessati, ma non lo farò finché non avremo sciolto tutti i problemi con cui ci stiamo misurando". Il sindaco conferma che l’intervento di ancoraggio degli edifici messi a rischio dalla buca di quattro metri per tre che poteva causare una tragedia ancora più grave di quanto non sia, sarà "di medio-lungo termine".

Come ha ribadito più volte, anche in aula, potrebbero volerci mesi perché gli ultimi sfollati rientrino negli appartamenti lasciati su due piedi, quella notte. È la previsione peggiore. La macchina dell’emergenza non si è mai fermata. Ingegneri e geologi sono all’opera, la situazione più critica è al civico 52 (quello delle 12 famiglie), dove le fondamenta della palazzina non sono ancora state giudicate sufficientemente solide. E fino a quel momento dovranno rimanere fuori.  "Ci deve essere la garanzia totale della loro incolumità, prima di revocare l’ordinanza di inagibilità", ancora il primo cittadino. 

Nei rifugi provvisori, intanto, dove hanno trovato riparo, gli sgomberati, sotto choc, sono angosciati. Prigionieri di un’attesa scandita da dubbi, che sembra non finire mai. Per aiutarli a metabolizzare il boato tremendo che ha travolto le loro abitudini, l’amministrazione ha ingaggiato un pool di psicologi. Una scelta sicuramente di valore, che però non basta. A chi è rimasto in mezzo alla strada servono certezze. "Non possiamo limitarci a riempire il buco - l’area interessata al cedimento è di 8-10mila metri - per il bene di tutti dobbiamo risolvere il problema degli occhi pollini (il fenomeno carsico all’origine della calamità) alla radice», ripete ancora una volta Esposito. E non si fa in un attimo.