Omicidio Vivacqua, testimoni in tribunale. La compagna: "Gli presi la mano, era fredda e ho urlato"

Processo alla Corte d'Assise di Monza, ascoltati il maresciallo dei carabinieri intervenuto sul posto e la compagna del rotamat ucciso nel 2011. La donna ha ricordato attimi drammatici: "Entrai da sola, la porta era aperta non si vedeva nessuno, finchè ho notato le sue scarpe spuntare da sotto la scrivania". di Stefania Totaro

Il tribunale di Monza

Il tribunale di Monza

Monza, 20 ottobre 2014 - Entra nel vivo davanti alla Corte di Assise di Monza il processo per l'omicidio di Paolo VivacquaPer la morte del 'rotamat' milionario siciliano ucciso il 14 novembre 2011 con sette colpi di pistola nel suo ufficio di Desio si sono ripresentati davanti alla giuria popolare, presieduta dal giudice monzese Giuseppe Airò e con giudice a latere il collega Alessandro Rossato, i due presunti mandanti dell'omicidio, l'ex moglie della vittima Germania Biondo e il suo presunto amante, l'investigatore privato Diego Barba, oltre al presunto intermediario Salvino La Rocca, che avrebbe assoldato, con la promessa di 60 mila euro, i due presunti killer Antonino Giarrana e Antonino Radaelli. Gli imputati sono tutti ancora detenuti in carcere: Germania Biondo, Diego Barba e Salvino La Rocca sono stati arrestati per l'omicidio di Paolo Vivacqua (per la Biondo e La Rocca si attende ancora la decisione dei giudici del Riesame sulla loro istanza di scarcerazione), mentre Antonino Giarrana e Antonino Radaelli si trovavano già in carcere per scontare rispettivamente la condanna all'ergastolo e a 18 anni di reclusione inflitte loro in primo grado per l'omicidio della consuocera di Vivacqua, Franca Lo Jacono, uccisa nel giugno 2012 a coltellate nel garage del suo appartamento a Desio per farsi consegnare, secondo la pubblica accusa, il 'tesoretto' di 6 milioni di euro che Vivacqua aveva ricevuto dalla vendita di alcuni terreni resi edificabili grazie al presunto pagamento di tangenti a politici per la modifica di destinazione nel Piano di governo del territorio del Comune di Carate Brianza (il 28 gennaio si discuterà il processo di appello a Milano).

L'UDIENZA - Dopo che i giudici hanno sostanzialmente ammesso tutte le prove chieste dalla pm monzese Donata Costa, in aula hanno iniziato a sfilare i primi testimoni che hanno ricostruito le ore dopo il ritrovamento del cadavere di Paolo Vivacqua.

"Erano circa le 15.30 quando gli operatori del 118 ci hanno avvertito che un cadavere era stato trovato in un ufficio in via Bramante da Urbino 15 a Desio - ha raccontato un maresciallo dell'Arma di Desio intervenuto per primo sul luogo dell'omicidio - Il corpo era disteso supino dietro la scrivania, ma è emerso che un medico di base che ha lo studio in quel palazzo era stato chiamato a prestare soccorso e aveva girato il corpo che si presentava a faccia in giù per cercare invano di verificare che fosse ancora vivo. Per terra sono stati trovati 8 bossoli di pistola. La vittima aveva in tasca 1000 euro in contanti, nel portafogli 4000 franchi svizzeri e sulla scrivania c'erano le chiavi della cassaforte, che non era stata aperta. Quindi abbiamo escluso subito il movente della rapina. Non c'erano segni di colluttazione e l'ufficio non era a soqquadro".

I medici legali che hanno eseguito l'autopsia sul corpo di Paolo Vivacqua hanno dichiarato che l'imprenditore è stato raggiunto da "almeno 7 proiettili, 2 al petto, 4 alla schiena e 1 alla nuca. I colpi sono stati sparati da dietro ma non a bruciapelo, quindi la vittima si trovava di schiena, forse è stato fatto mettere in ginocchio oppure è stato raggiunto dagli ultimi proiettili mentre cadeva a terra, ma non era seduto sulla poltrona perchè lo schienale non presentava alcun segno. L'orario del decesso risaliva alla mattina dello stesso giorno".

E' stata la convivente di Paolo Vivacqua, la romena Lavinia Mihalake, 35 anni, con cui l'imprenditore ha avuto un figlio nel 2011 dopo avere lasciato la moglie Germania Biondo, a scoprire il cadavere del suo compagno. La donna ha ricostruito quei terribili momenti davanti ai giudici. "Erano le 11 quando ho provato a telefonare a Paolo ma il telefonino squillava libero - ha raccontato Lavinia, che si è costituita parte civile al processo - Ho chiamato alcuni suoi collaboratori ma non l'avevano visto. Allora mi sono allarmata e ho deciso di andare a cercarlo. Insieme alla mia amica Mariana abbiamo raggiunto l'ufficio di Paolo. Sono entrata da sola, c'era la porta aperta ma non si vedeva nessuno, finchè ho visto le scarpe spuntare da sotto la scrivania. Sono corsa da Paolo, gli ho preso la mano, ma era fredda. Allora mi sono messa ad urlare, è arrivata la mia amica, le ho detto di chiamare l'ambulanza. Nel frattempo il cellulare di Paolo ha suonato, era uno dei suoi figli, gli ho detto di venire perchè era successo qualcosa al padre. Nel frattempo è arrivata l'ambulanza, i figli di Paolo, i suoi collaboratori e poi i carabinieri".

Lavinia ha raccontato di avere conosciuto Paolo Vivacqua nel 2008. "Cercavo un appartamento in affitto e lui me ne aveva offerto uno, ma non andava bene. Poi ho rivisto Paolo alcune altre volte, finchè nel 2009 abbiamo iniziato a frequentarci. Mi aveva detto che era separato. Non mi raccontava niente dei suoi affari e dei suoi problemi. Quando è nato nostro figlio siamo andati a vivere insieme in un appartamento a Carate Brianza". La donna ha escluso di avere avuto minacce dai familiari di Vivacqua ma ha dichiarato che il giorno del compleanno di suo figlio, dopo la morte del compagno, "ho trovato l'auto bruciata sotto casa".