Star, la fabbrica funziona al 60% Il sindacati chiedono più garanzie

Cgil, Cisl e Uil: «Bisogna mantenere i livelli occupazionali». Gli spagnoli di Gallina Blanca attuali proprietari hanno promesso 4 milioni all’anno. I lavoratori temono che i soldi non siano finalizzati alla conservazione dei posti di Marco Dozio

La Star di Agrate

La Star di Agrate

Agrate Brianza, 1 agosto 2014 - I sindacati restano preoccupati per il futuro agratese della Star, soprattutto dal punto di vista occupazionale. Quindi chiedono di aumentare i volumi produttivi di uno stabilimento ora largamente sottoutilizzato: «Ad Agrate si lavora al 60% delle possibilità. I lavoratori non vogliono rassegnarsi a una prospettiva di declino industriale», spiegano Matteo Casiraghi, Vincenzo Nisi e Paolo Castiglioni, segretari rispettivamente di Flai Cgil, Fai Cisl e Uila Uil, che nei giorni scorsi hanno partecipato alle assemblee delle maestranze convocate all’indomani del vertice con l’azienda, ovvero il faccia a faccia che settimana scorsa ha visto confrontarsi l’amministratore delegato del gruppo iberico di Gallina Blanca (proprietario della Star), Josep Maria Vila, con la delegazione della Commissione Attività produttive della Regione Lombardia.

In quella sede, secondo quanto riferito dai consiglieri regionali, Star ha ribadito la volontà di mantenere la produzione in Brianza investendo 4 milioni di euro all’anno. Senza però fugare le paure su nuovi tagli o ricorsi agli ammortizzatori sociali nel 2015. Che sarà l’anno di Expo, appuntamento cruciale per i colossi dell’agroalimentare. «Vogliamo che Star continui a essere sinonimo di qualità alimentare anche dopo la conclusione di Expo. Cosa succederà al termine dell’esposizione universale? Noi siamo convinti che occorra portare ad Agrate nuovi prodotti, mettere in campo investimenti commerciali in grado di incrementare i volumi e di conseguenza l’occupazione, altrimenti il rischio è che il sito produttivo possa spegnersi lentamente», aggiunge Casiraghi.

In via Matteotti attualmente lavorano 200 persone, di cui 170 operai. Mentre 100 impiegati sono stati recentemente trasferiti nella nuova palazzina direzionale di piazzale Maciachini a Milano. «Una scelta che non abbiamo condiviso. Spostare il centro decisionale ha impoverito e in qualche modo marginalizzato lo stabilimento».

Sono lontani i tempi in cui nei 220mila metri quadri affacciati sull’autostrada si muovevano 3.800 dipendenti, linfa di un’industria simbolo della ricostruzione nel dopoguerra e icona del boom economico negli anni ’60 grazie al mitico dado. Per decenni, fin dalla fondazione nel 1948 ad opera dell’imprenditore muggiorese Regolo Fossati e del figlio Danilo, Star è rimasta una grande impresa a conduzione familiare fino all’avvento degli spagnoli di Gallina Blanca nel 2006, multinazionale presente in quattro continenti. Il confronto tra le parti riprenderà il 3 settembre con un vertice in Confindustria: «Qualunque discussione su nuovi ammortizzatori sociali non deve essere svincolata da impegni concreti sul piano industriale – avvertono i sindacati nella nota congiunta firmata da Flai Cgil, Fai Cisl e Uila Uil – continueremo a portare avanti il mandato ricevuto dai lavoratori in assemblea anche attraverso opportune iniziative sindacali, qualora lo ritenessimo necessario». marco.dozio@ilgiorno.net