Monza, una notte fra i senzatetto con la Croce rossa

In stazione, sotto i ponti del Lambro e sulle strade dove vive il popolo degli invisibili: in città sono 150 di ROSSANA BRAMBILLA

Le tende di via Spallanzani

Le tende di via Spallanzani

Monza, 6 febbraio 2015 - Ci sono storie che a Monza non si vogliono sentire. Persone invisibili che vengono attraversate dagli sguardi dei passanti. Angoli da cui ci si allontana con orrore perché pieni di cartoni e coperte. Sono oltre 150 i senzatetto che sfidano il freddo e i pericoli della strada. Dormono in stazione, sotto a un ponte, nei giardinetti e in piazza. I loro racconti sono simili. Un matrimonio finito, un’azienda fallita, un figlio che ti ripudia. Le notti sull’asfalto non sono semplici. Ma a controllare che chi è rimasto solo abbia almeno un pasto caldo e che stia bene ci pensa la Croce Rossa. Mirella e Enzo si incontrano tre giorni alla settimana in via Pacinotti. Lei è un’infermiera di 53 anni, lui un impiegato di 59. Li abbiamo conosciuti in settimana per unirci alla loro ronda. L’appuntamento è alle 20.30.

Si presentano pieni di energia, in mano stringono un contenitore pieno di pasta calda. Arriva da un ristorante. Il vento è gelido, la temperatura bassa. Alle 21 usciamo dai cancelli della sede della Cri. La prima tappa è al convento di Santa Maria delle Grazie. F. è fermo davanti al cancello, Mirella lo ha chiamato con il cellulare per avvisarlo del nostro arrivo. La sua «villa», come lui stessola chiama con ironia, è dall’altra parte della strada: una coperta in un giardino. A 50 anni a Monza ci è arrivato a piedi. Ci ha messo poco meno di una settimana. Non vuole dire molto della sua vita, c’è ancora rabbia e dolore. Ma il sorriso rimane. Durante le giornate parla coi passanti, va in biblioteca, aiuta i frati nelle pulizie, si fa la doccia in convento. Ringrazia i benefattori tenendo in mano la cena e si interessa del benessere degli altri senzatetto. Lo osservo mentre la portiera dell’ambulanza si chiude. «Non ho nulla - dice frettolosamente – ma non mi manca nulla». Ci dirigiamo verso piazza Cambiaghi. Da sempre sotto i portici dormono molte persone. 

Non in questo periodo. Durante l’inverno viene messo a disposizione dei clochard un dormitorio. Appena chiuderà verranno tutti qui. Decisamente più triste la situazione in stazione. Vedendo l’ambulanza, una decina di persone raggiunge il marciapiede e si mette in coda. Mirella e Enzo danno una doppia porzione a tutti. C’è sempre qualcuno che non ha il coraggio di farsi vedere. Chi esce prende da mangiare per chi si nasconde. Arriva una coppia. Dicono di avere 21 anni, stentiamo a crederci. Sono appena arrivati in città in treno, non hanno nessuno. Dormiranno in sala d’attesa.

Mirella cerca di conquistare la loro fiducia, ma sa che se esagera con le domande diventeranno diffidenti. La ragazza rientra subito, lui mangia in piedi. Enzo intanto entra e controlla. Sono passate le 22 e fa freddo. È impensabile passare la notte all’aperto. Ma c’è chi ci riesce. Camminiamo nell’erba, stiamo andando sotto il ponte di San Rocco, accanto al depuratore. È qui che vive S. Abbassiamo la testa per non urtare le travi in ferro e stiamo attenti a non finire nel Lambro. Basta un passo falso. Giriamo l’angolo e si apre un nuovo mondo. È quello di un uomo di 50 anni, tradito dalla vita. Da tempo vive qui, con vecchie coperte e alcuni mobili recuperati da chissà dove. A lume di candela su un tavolino disegna volti e Cristo in croce. Mirella gli ha salvato la vita. Lo ha trovato con la febbre alta e l’ha portato in ospedale. «Per fortuna c’eri tu» continua a ripeterle. Ha bisogno di controlli periodici e di medicine. Sua mamma e il fratello sono morti. è solo e non sta bene, ma non vuole andare in ospedale. Ha paura di perdere la sua casa. Non ha invece paura di dormire all’aperto, nonostante le botte prese. E’ già stato picchiato due volte. La glicemia è alle stelle. Testardo e tenace, non molla e ci saluta. Il viaggio per noi è finito. Sono le 23. Mirella ed Enzo rientreranno quasi due ore dopo. 

di ROSSANA BRAMBILLA