Giovedì 18 Aprile 2024

Pediatra abusava dei bimbi in affido: condannato a 10 anni di carcere

Monza, fatti di diverso tempo fa: elevato rischio prescrizione di Stefania Totaro

Tribunale (foto repertorio)

Tribunale (foto repertorio)

Monza, 19 dicembre 2014 - Dieci anni di reclusione al pediatra che faceva il volontario nelle comunità di bambini allontanati dai genitori per abusare di loro. E’ la condanna inflitta dai giudici del Tribunale di Monza a un medico della Asl di Monza specializzato in pediatria, poi diventato dirigente amministrativo e sospeso dall’incarico dopo essere diventato imputato di violenza sessuale aggravata in un processo al Tribunale monzese. I fatti che gli vengono contestati dal pm monzese Alessandro Pepè risalgono ad oltre dieci anni fa, quando il pediatra avrebbe, secondo l’accusa, abusato di due bambini che all’epoca avevano sette o otto anni.

Un processo che rischia di finire in prescrizione (quantomeno per la sentenza definitiva) perché gli episodi contestati sono vecchi, ma la ragione sta nel fatto che a dare l’input al pm sarebbe stato il racconto di uno delle due presunte vittime durante il processo che vedeva suo padre imputato di averlo violentato.

Il ragazzino, nel raccontare il calvario della sua infanzia fatto di abusi subìti dal padre, di una madre alcolizzata che non poteva prendersi cura di lui, dell’ingresso prima in una comunità gestita da suore poi in un’altra ancora, ha dichiarato che quando si trovava nella comunità di accoglienza precedente spesso veniva affidato ad un pediatra che operava come volontario e che si era offerto di occuparsi di lui, portandolo anche fuori dalla comunità, a casa sua o in vacanza, dove gli abusi sarebbero stati commessi.

Il magistrato ha deciso di tornare indietro a dieci anni prima e indagare su quelle dichiarazioni, che lo hanno portato a rintracciare anche un altro bambino, un’altra presunta vittima del pediatra, che avrebbe approfittato proprio dei ragazzini più deboli e indifesi, quelli già provati da una vita di sofferenze ed ingiustizie, per soddisfare i suoi istinti brutali celandoli dietro il volontariato, che il medico farebbe tuttora in altri campi, offrendosi come allenatore di ragazzini appassionati di calcio.

Tutte accuse decisamente negate dall’imputato, che si è presentato al processo che lo vede accusato per difendersi anche personalmente, oltre che con il suo avvocato, sostenendo che si tratta di invenzioni di bambini con un passato ‘difficile’. Al dibattimento, che si è svolto a porte chiuse per la delicatezza della vicenda davanti ad un collegio di giudici tutto femminile, sono state sentite le due presunte vittime, che ormai sono diventate dei ragazzi grandi. Uno di loro non se l’è sentita di ripercorrere gli anni della sua infanzia a viso aperto, davanti al pm, ai giudici, agli avvocati e all’imputato e ha voluto farsi proteggere da un paravento come quelli usati dai testimoni che non possono o non vogliono essere riconosciuti. Soltanto uno dei ragazzi ha deciso di costituirsi parte civile per ottenere un risarcimento dei danni.

I giudici hanno creduto al racconto delle parti offese e alla ricostruzione del pubblico ministero, infliggendo all’imputato una pena esemplare e riconoscendo al ragazzo che si è costituito parte civile un risarcimento dei danni di 150 mila euroDal canto suo, l’imputato senz’altro deciderà di ricorrere in appello per vedersi cancellare la sentenza di condanna.