Quattro milioni in Svizzera: il nome di Enrico Ferrari compare nella lista Falciani

L’ex direttore dell’Autodromo nell'elenco dei titolari di un conto alla Hsbc che hanno legalizzato fondi neri sanando l'evasione. Parte della cifra è stata sequestrata dalla magistratura nell'ambito dell'inchiesta che vede il manager accusato di vari reati fiscali. Il diretto interessato: «Soldi già scudati» di Marco Galvani

Enrico Ferrari, ex direttore dell'autodromo di Monza (Radaelli)

Enrico Ferrari, ex direttore dell'autodromo di Monza (Radaelli)

Monza, 14 febbraio 2015 - Quattro milioni e 100mila euro riportati in Italia dalla Svizzera, approfittando dello scudo fiscale varato fra il 2009 e il 2010 dall’allora Governo Berlusconi. Un tesoro nelle mani di Enrico Ferrari, ex direttore generale dell’autodromo di Monza. C’è anche il suo nome nell’elenco dei 1.264 titolari di un conto alla banca svizzera Hsbc che hanno legalizzato fondi neri sanando l’evasione e versando una quota fissa del 5% (invece del 30). Soldi che, appena arrivati in Italia, la magistratura monzese ha però in parte (2.6 milioni) sequestrato nell’ambito dell’inchiesta che vede l’ex numero uno del circuito accusato di vari reati fiscali.

Un patrimonio che, secondo gli investigatori della Guardia di Finanza, sarebbe stato accumulato dirottando soldi destinati alla Sias, la società che gestisce l’autodromo. Un capitale fatto di denaro vincolato fra conti correnti, polizze assicurative e altri prodotti di investimento. Su questo patrimonio i finanzieri, coordinati dal pm Walter Mapelli, hanno chiesto e ottenuto dal gip del Tribunale di Monza, Giovanni Gerosa, il sequestro preventivo per equivalente finalizzato alla confisca. Non importa e non va dimostrato che quei soldi siano la diretta provenienza del reato. Il giudice ha autorizzato il blocco di un capitale in grado di coprire quanto Ferrari e l’ex presidente di Sias, Claudio Viganò (anche lui indagato), avrebbero dovuto dichiarare e invece non hanno fatto. Oggetto delle indagini: un giro sospetto di biglietti venduti in nero e presunte fatture per operazioni inesistenti che sarebbero alla base di una maxi evasione fiscale per circa tre milioni di euro.

Nello specifico, nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Monza è stato disposto il sequestro di 2.033.902,10 euro per l’imposta effettivamente evasa tramite fatture relative a operazioni commerciali inesistenti e di 1.033.400 euro, cifra corrispondente al profitto minimo del reato di peculato, di cui è accusato soltanto Ferrari. Secondo l’ipotesi di accusa, infatti, l’ex direttore della Sias - e quindi incaricato di un pubblico servizio essendo Sias una società di diritto privato ma a capitale interamente pubblico (la proprietà delle quote è al 70% dell’Automobile club di Milano e al 30% dell’immobiliare dello stesso Aci Milano) "avendo in ragione della carica rivestita la disponibilità di denaro contante, se ne appropriava" fra il 2007 e il 2012, ultimo anno in cui è rimasto alla guida del circuito prima di essere messo alla porta su decisione dei Consigli di amministrazione di Aci Milano prima e della Sias poi.

Secondo quanto hanno potuto accertare gli investigatori, Ferrari nei vari settori dell’attività del circuito - dalla vendita dei biglietti alla gestione dei ristoratori ambulanti al noleggio della pista - avrebbe creato un sistema di incassi in nero sempre sfuggiti alla contabilità ufficiale della Sias. E del fatto che l’ex direttore - un manager da 120mila euro all’anno - disponesse di notevoli quantità di denaro, ne sarebbero prova proprio i soldi rientrati dalla Svizzera. "Confermo che nel 2009 ho scudato tutto e sono rientrati in Italia quei capitali che erano di vecchissima data", ha commentato Ferrari, contattato telefonicamente.

marco.galvani@ilgiorno.net