Stava a casa nelle ore di lavoro. Impiegata comunale infedele tradita dall’auto di servizio

Lasciava la vettura sotto il palazzo. Stanata dai vigili di Martino Agostoni

Il municipio di Monza

Il municipio di Monza

Monza, 5 novembre 2014 - L'auto di servizio del Comune stava parcheggiata sotto casa tutto il giorno. E neppure la usava per andare in municipio, perché V.M.C. talvolta non si muoveva. Aveva trovato il modo di notificarsi le presenze in ufficio da sola, compilando relazioni di servizio con date e orari scelti apposta per coprire le giornate di assenza. Ma la furbizia della dipendente assenteista non è stata infallibile e proprio l’uso dell’auto di servizio l’ha incastrata. È stata la Polizia locale a fare le indagini e a inizio anno ha cercato il modo di raccogliere prove in grado di documentare che in alcuni dei giorni e orari in cui V. M. C. si segnava come presente al lavoro, in realtà non si era mossa da casa.

E proprio la vettura comunale ha fornito ciò che serviva: attraverso fotografie e operazioni di controllo gli agenti municipali hanno documentato che l’auto restava parcheggiata nei pressi dell’abitazione della dipendente anche durante l’orario di lavoro. Ed è tutto materiale che è stato inoltrato alla Procura di Monza che lo scorso inverno ha aperto un procedimento penale contro la signora accusandola di peculato e falso ideologico. Una procedura che ha anche portato al rinvio a giudizio della dipendente con il tribunale che ha indicato il Comune come parte offesa. 

In Municipio, con l’avvio della procedura penale, la dipendente è stata sospesa in attesa della sentenza, ma finora non c’è intenzione da parte dell’Amministrazione comunale di fare altro contro la signora. «Le imputazioni ascritte alla dipendente, in quanto riferite a limitati episodi, non consentono l’individuazione di eventuali danni per l’Ente e neanche una loro quantificazione», si legge in una delibera approvata dalla Giunta a metà ottobre con cui viene accettata la proposta risarcitoria di 500 euro presentata dall’avvocato difensore. Una somma incassata dal Comune e ritenuta «congrua», dice la delibera, per non far costituire parte civile la città contro la dipendente assenteista. Al massimo l’Amministrazione comunale si riserva «all’esito del giudizio penale, la riapertura del procedimento disciplinare e la relativa valutazione delle condotte contestate alla dipendente», conclude la delibera.