Il re sacrilego e la maledizione del Duomo

Una storia avvenuta all'epoca dei Longobardi e un santo furioso

Cammino di Sant'Agostino

Cammino di Sant'Agostino

Monza, 24 dicembre 2017 - Un colpo. Un rumore sordo nel silenzio della grande chiesa. E poi un gemito. Forse un lamento. Rodoaldo ormai ha paura di varcare quella soglia, di entrare nella semioscurità rotta soltanto dal chiarore delle candele o dalle lame di luce che scendono un po’ incerte dalle vetrate istoriate. Ogni volta un pugno, uno schiaffo o come oggi un semplice colpo lo raggiunge alla gola, come se un braccio uscisse dalle tenebre e lo prendesse per il collo: «Tu qui non puoi passare!».

Rodoaldo, il re sacrilego, ormai se le inventa tutte pur di non andare in quella chiesa fatta costruire tanti anni prima dalla nonna, la regina Teodolinda. O quantomeno prova ad andarci di nascosto, in modo che nessuno possa assistere a quello straordinario, inquietante e insieme spaventoso prodigio. E la mente non può che tornare sempre a quello spaventoso sogno, quella visione il cui protagonista, San Giovanni Battista, a cui la basilica era dedicata, gli intimava terribile nella sua ira: «Non potrai mai entrare nel mio tempio, te lo proibisco». Soltanto una leggenda, riferita però come una storia vera nella sua Historia Longobardorum da un cronista di tanto tempo fa, Paul Warnefried, un monaco cristiano, storico e scrittore longobardo meglio conosciuto col nome di Paolo Diacono. Una storia - precisa Paolo Diacono - sentita da testimoni in carne e ossa che avrebbero assistito alla scena del sovrano respinto a pugni al suo ingresso nella basilica. Il soggetto protagonista di questa leggenda nera è un re longobardo, Rodoaldo, succeduto (malamente) al glorioso padre Rotari, la cui tomba è ancora conservata nella navata sinistra del Duomo di Monza.

Facciamo un passo indietro. Rotari era stato un grande re. Già duca di Brescia, ariano, apparteneva alla stirpe degli Arodingi, anticamente stanziati nello Jutland. Divenuto re nel 636, aveva sposato la vedova del sovrano precedente, Gundeperga. Una donna cattolica, erede dell’antica dinastia dei Letingi, quest’ultima lo aveva personalmente scelto in base a un costume seguito nella monarchia longobarda ai tempi delle nozze della grande regina Teodolinda. E Rotari si era ritrovato così a replicare una formula che aveva già avuto successo, con un re ariano affiancato da una regina cattolica, il che assicurava un salutare equilibrio al Regno e una politica di tolleranza. Rotari, grande guerriero e fine legislatore, fu molto amato dai suoi sudditi. Alla morte dell’amato sovrano, avvenuta nel 652, sale al trono però il giovanissimo Rodoaldo. E il peso della memoria ingombrante del padre lo schiaccia. Rodoaldo non è decisamente della stessa pasta del genitore; anzi, appare violento, debosciato, roso da un’invidia che si trasforma quasi in odio nei confronti della figura paterna. Nasce proprio da qui la maledizione di San Giovanni Battista e del Duomo di Monza. Quando infatti Rodoaldo si macchia di un terribile sacrilegio e va a scoperchiare la sepoltura di Rotari per rubare – probabilmente più per rabbia che per necessità - i gioielli del suo ricco corredo, San Giovanni gli appare in sogno e gli intima: «Cur ausus es corpus istius hominis contingere? Fuerit licet non recte credens, tamen mihi se commendavit. Quia igitur hoc facere praesumpsisti, numquam in meam basilicam deinceps ingressum habebis». «Come hai potuto mettere le mani sul corpo di quest’uomo? Egli non seguì la vera fede ma, tuttavia, si mise sotto la mia protezione. Dunque, dal momento che sei stato così presuntuoso da fare quello che hai fatto, non riuscirai più a entrare nella mia chiesa».

Rodoaldo non ha pace e, dopo questa maledizione, va decisamente fuori di testa. Regnerà appena sei mesi, senza fare nulla di buono. Secondo alcune fonti morì assassinato da un sicario del partito cattolico, che pose sul trono al suo posto Ariperto, nipote della regina Teodolinda. Secondo altre fonti, però, morì invece in seguito alla sua ennesima azione sciagurata: violentò la moglie di un longobardo e quest’ultimo per vendicarsi lo uccise. Ma nessuno lo pianse. E Rodoaldo venne presto dimenticato.