Tangenti e protesi, il primario: "I pazienti non devono avere paura"

"L’unico consiglio da dare loro è di controllarle nel tempo"

Il Policlinico finito nel mirino con la clinica Zucchi

Il Policlinico finito nel mirino con la clinica Zucchi

Monza, 23 settembre 2017 - "Non si può parlare di protesi scadenti o che durino meno delle altre. Pur non conoscendo direttamente la ditta Ceraver perché non utilizzo i suoi dispositivi, occorre chiarire che si tratta di protesi che hanno il marchio CE e che sono state sottoposte a tutte le certificazioni necessarie per la commercializzazione".

Giovanni Zatti, direttore della Clinica ortopedica e della Scuola di specializzazione dell’Università Bicocca, primario dell’Ortopedia all’ospedale San Gerardo di Monza, mette i puntini sullo scandalo che ha sconvolto la sanità non soltanto monzese. E che ha portato in carcere i tre ortopedici Claudio Manzini degli Istituti Clinici Zucchi, Marco Valadè del Policlinico di Monza e Fabio Bestetti in servizio nella struttura privata-accreditata di via Amati fino all’estate del 2015. Zatti parla da specialista, con un interesse chirurgico specifico nella protesica dell’anca e del ginocchio, anche di revisione. Anche lui ha seguito, da addetto ai lavori, le cronache dell’ultima settimana. Ha letto gli stralci delle intercettazioni, di quello che si sono detti i medici e di quello che avrebbero fatto.

"Mi sembra di capire che si sono lamentati dello strumentario, ovvero di tutto quello che viene utilizzato dal chirurgo per impiantare le protesi – le parole del primario –. E comunque, è vero che qui in Italia la Ceraver è una ditta relativamente piccola, ha un mercato limitato, ma in Francia è molto utilizzata. In ogni caso sono protesi certificate, altrimenti non sarebbero in commercio". E quindi "in linea di massima i pazienti a cui sono state impiantate le protesi finite nell’inchiesta, possono stare tranquilli – allenta le preoccupazioni Zatti –. L’unico consiglio da dare loro è di controllarle nel tempo. Ed è lo stesso consiglio che viene dato a tutti i pazienti a cui vengono impiantate protesi di qualsiasi marca".

Nessuna differenza. Da “spettatore” esterno ipotizza che questa sia "una questione più morale e legale" piuttosto che di lesioni volontarie ai pazienti. In circolazione ci saranno protesi migliori ma questo non significa che le protesi “incriminate” comportino un rischio per i pazienti. Anche perché i dispositivi utilizzati dai chirurghi vengono scelti dalle strutture sanitarie secondo precise procedure. "Negli ospedali pubblici la direzione aziendale pubblica un bando a cui rispondono le imprese interessate – spiega l’ortopedico –. Le proposte presentate vengono poi valutate da una commissione composta da medici e da personale amministrativo che realizza una graduatoria in base a qualità e prezzo". La prima pesa sul “voto” per il 60%, il secondo per il restante 40%. I chirurghi ortopedici potranno scegliere dall’elenco le protesi che preferiscono. Ma se la loro decisione ricade su protesi in fondo alla graduatoria, devono comunque motivare la scelta come la migliore strada terapeutica.