Monza, le famiglie circondate dai profughi: "Prigionieri in casa nostra"

Alcune famiglie che abitano in via Asiago, con 130 migranti come vicini, si appellano al Sindaco

profughi a Monza

profughi a Monza

Monza, 14 agosto 2016 - «Non si può vivere avendo paura, e non è giusto che siamo prigionieri in casa nostra». Arriva anche sulla scrivania del sindaco il caso di via Asiago 8/D, il condominio di San Rocco dove da mesi sono stati alloggiati circa 130 profughi in 14 appartamenti sfitti, quando nel resto del caseggiato vivono 34 altri inquilini, quasi tutte giovani famiglie con figli che lì hanno comprato casa.

Tre famiglie, attraverso Facebook, hanno scritto venerdì una lettera indirizzata sia al sindaco Roberto Scanagatti sia alla vicesindaco con delega alle Politiche sociali Cherubina Bertola per denunciare ancora una volta la situazione di sovraffollamento e difficoltà di convivenza che sta causando ai residenti «un danno sia economico sia morale», scrivono. Dopo settimane dalla prima denuncia, supportata anche dalla Lega Nord che ha presentato un’interrogazione in Parlamento sul caso di via Asiago, si rivolgono al sindaco perché dalle istituzioni «abbiamo ricevuto solo porte in faccia» e dalla Prefettura, che è responsabile della gestione dei richiedenti asilo, finora, è stato risposto che «è tutto sotto controllo» e non ci sarà alcun intervento per cambiare la situazione. Ma «ci sono problemi di sicurezza e igiene», aggiungono i residenti, e non sono rispettate le proporzioni per avere un contesto di integrazione quando nella scala C del condominio «ci sono 130 prufughi a fronte di solo 3 famiglie italiane: le quote per legge non dovevano essere 25 profughi ogni mille abitanti?».

È stato organizzato un servizio di controllo ma «alla fine le assicuriamo – prosegue la lettera – che ormai non siamo più proprietari in casa nostra e che abbiamo paura anche a uscire». Il condominio è nuovissimo, finito nel 2013 e di Classe A, e «stiamo facendo sacrifici con mutui trentennali per stare qui» ma invece di una «casa in un contesto signorile, ci sembra di stare in una fattoria». È una situazione che genera tensioni, il sovraffollamento negli appartamenti è stato denunciato a fine luglio anche dai portavoce dei profughi, e tutto sembra far pensare che «questa più che integrazione sia solo un business».

«La preghiamo solo – scrivono le 3 famiglie al sindaco chiededogli un incontro - di non cestinare la presente anche se ormai la speranza che qualcosa cambi sta andando a scemare sempre di più, ed è proprio vero che, alla fine, quello che conta sono i soldi e non il rispetto per la gente che ha sempre rispettato le istituzioni e che tutti i giorni va al lavoro per pagarsi un mutuo e avere una casa».