Lambro inquinato: disastro sì... ma senza volere

Le motivazioni della Corte d'appello di Milano che ha cambiato le condanne da disastro doloso a disastro colposo nella vicenda della ex raffineria Lombarda Petroli di Villasanta

Lombarda Petroli (Radaelli)

Lombarda Petroli (Radaelli)

Villasanta, 27 aprile 2016 -  "Lo scempio ambientale alla Lombarda Petroli fu voluto dal titolare per sottrarre i prodotti al pagamento delle accise, ma Giuseppe Tagliabue pensava che lo sversamento si sarebbe limitato all’area della sua azienda quindi si tratta di disastro colposo e non doloso". Questa la clamorosa motivazione dei giudici della Corte di Appello di Milano alla base del cambio di rotta giudiziario nella vicenda della ex raffineria di Villasanta da dove nella notte del 22 febbraio 2010 vennero sversate almeno 2.400 tonnellate di gasolio e oli combustibili che dal fiume Lambro finirono fino al Po.

Già la sentenza di appello aveva destato scalpore perché ha condannato per disastro colposo a 1 anno e 8 mesi di reclusione (più altri 9 mesi per reati fiscali) Giuseppe Tagliabue, uno dei due cugini responsabili del sito di stoccaggio di idrocarburi e a 1 anno e 6 mesi con la pena sospesa Giorgio Crespi, il custode della Lombarda Petroli che in primo grado era stato l’unico condannato dal Tribunale di Monza a 5 anni di reclusione per disastro doloso.

Mentre la Procura di Monza - che ha poi proposto ricorso in appello contro la sentenza dei giudici monzesi - aveva chiesto 4 condanne da 5 anni a 2 anni e mezzo di reclusione per disastro doloso, anche per Rinaldo Tagliabue, cugino di Giuseppe e per il direttore Vincenzo Castagnoli. Ora le motivazioni appaiono come un pesante macigno sulla testa del responsabile della Lombarda Petroli, chiamata anche al processo come responsabile civile per il pagamento del risarcimento dei danni, in solido con gli imputati condannati.

Alla tesi del Tribunale di Monza, che contestava la ricostruzione dei pm Donata Costa e Emma Gambardella, sostenendo che nelle misurazioni dei prodotti petroliferi c’erano degli errori materiali e che il movente del disastro doloso per non pagare le tasse non stava in piedi perché il danno causato dallo sversamento è stato più costoso dell’eventuale risparmio di accise, la Corte di Appello risponde che "i gestori della società misuravano attentamente i prodotti e decidevano lucidamente quale quantitativo riportare, invece, sui bigliettini che consegnavano al funzionario dell’Agenzia delle Dogane, sapendo che questi si guardava bene dall’effettuare di persona le misurazioni». E alla domanda «Ci si deve chiedere allora come mai dai serbatoi della Lombarda Petroli siano stati sversati, di notte, 2.400 tonnellate di prodotto commerciabile» i giudici milanesi rispondono che «la risposta sta proprio nel movente contestato, ossia nella volontà di sottrarre tale prodotto al pagamento delle accise". E "si trattava di somme assolutamente ingenti, atteso che, già al quantitativo di kg 160.700 di gasolio rigenerato corrispondevano accise pari a 81.408,50 euro".

Ma aggiunge la Corte a proposito di Giuseppe Tagliabue, che il titolare avesse "una prospettiva soggettiva che lo sversamento potesse limitare la propria portata in un’area inferiore a quella effettivamente raggiunta", ossia inquinare “soltanto” il terreno dove sorge la ex raffineria, contando sulla presenza delle vasche di contenimento esistenti, per cui "l’imputazione di disastro doloso deve essere modificata in quella di disastro colposo". E riguardo a Giorgio Crespi, i giudici hanno ritenuto che "non è ravvisabile alcun elemento di dolo intenzionale nella causazione del disastro, mentre il mancato svolgimento dei giri di sorveglianza cui era tenuto comporta un’evidente negligenza" per "la sciatteria con la quale abitualmente svolgeva il compito che gli era stato assegnato". Al custode i giudici hanno poi concesso le attenuanti generiche "per avere commesso il fatto non per un interesse proprio bensì attraverso lo specifico rapporto di lavoro".