Omicidio di Besana, chiuse le indagini: "Angela e Michele fratelli assassini"

Secondo il sostituto procuratore lei sarebbe la mandante e lui killer. Ma per Michele Scarfò, che uccise Giuseppe Piazza, fu legittima difesa

I rilievi nel luogo dell'assassinio

I rilievi nel luogo dell'assassinio

Besana Brianza, 3 marzo 2018 - Omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi per il vendicatore. Ma anche per la sorella ritenuta la mandante. Ne sono accusati Michele Scarfò, 55enne, che nel giugno scorso ha ucciso con un colpo di pistola al torace Giuseppe Piazza, anche lui 55enne, davanti alla casa di ringhiera di Besana Brianza dove la vittima viveva da anni in un incancrenito clima di liti di vicinato con la sorella Angela Scarfò, 60 anni. A contestare la pesante accusa il sostituto procuratore monzese Alessandro Pepè che ha chiuso le indagini sul delitto. Secondo la pubblica accusa, Michele Scarfò ha materialmente sparato, ma la pistola calibro 7,65 era della sorella Angela (nella cui abitazione sono state trovate le munizioni), che l’avrebbe indotto ad affrontare il vicino di casa e quindi deve rispondere di concorso morale nell’omicidio.

Dal canto suo, Michele Scarfò, ancora detenuto in carcere, sostiene che si è trattato di legittima difesa o quantomeno di omicidio preterintenzionale perché tra i due uomini era nata una discussione e poi una colluttazione in cui Giuseppe Piazza (trovato in possesso di una specie di arma medioevale artiginale, una frusta con attaccati dei tondelli di ferro) era con tutto il peso del suo corpo sopra Scarfò e a lui è partito il colpo di pistola.

Secondo la ricostruzione fatta da Scarfò, Giuseppe Piazza la mattina dell’omicidio aveva ancora minacciato la nipote di Scarfò (che abita di fianco alla mamma Angela e a sua volta da anni in lite con il vicino) tanto che la ragazza era andata dai carabinieri. I militari l’avevano invitata a presentare l’ennesima denuncia, ma la giovane doveva recarsi al lavoro e ha rimandato. Era però spaventata dal comportamento del vicino di casa, tanto che avrebbe chiesto allo zio Michele di stare con la sorella. Perché pare che, in presenza del parente, Pino Piazza mantenesse toni più pacati. Quando nel pomeriggio Michele Scarfò avrebbe visto Giuseppe Piazza aggirarsi nella corte brandendo la frusta fatta in casa, ha preso la pistola tenuta in casa dalla sorella ed è uscito per affrontare a parole il contendente.

Ma lui l’avrebbe aggredito e Scarfò, dopo avere esploso un colpo di pistola in aria, è finito a terra in una colluttazione, in cui Pino Piazza gli avrebbe infilato un dito nell’occhio e lui lo avrebbe colpito con il calcio dell’arma alla testa. Finché, nel tentativo di divincolarsi, sarebbe partito il colpo accidentale di pistola al fianco del 55enne. La Procura avrebbe invece un testimone che non ha confermato la versione di Scarfò e neanche che Piazza brandisse l’arma a tondelli di ferro, trovata poi addosso alla vittima. Ora gli imputati hanno un termine per presentare indagini difensive prima della richiesta di rinvio a giudizio. Al processo si costituiranno parti civili la compagna di Pino Piazza e il figlio avuto dalla donna in una precedente relazione.