Di Maio alla K-Flex: "Via dall’Italia? Restituisca i soldi"

In 187 saranno licenziati e la fabbrica sarà chiusa. Si salveranno solo i 60 impiegati nella logistica e nella ricerca e sviluppo. Sono stremati ma non hanno perso la voglia di lottare

Di Maio alla K-Flex

Di Maio alla K-Flex

Roncello, 6 marzo 2017 - Da 41 giorni vivono accampati nelle tende fuori dalla K-Flex. Hanno un’unica certezza: che tra 50 giorni in 187 saranno licenziati e la fabbrica sarà chiusa. Si salveranno solo i 60 impiegati nella logistica e nella ricerca e sviluppo. Sono stremati ma non hanno perso la voglia di lottare. La resistenza eroica e disperata dei dipendenti della K-Flex, azienda leader nel mondo nella produzione di isolanti termici e acustici, è diventata il simbolo della battaglia contro le delocalizzazioni di imprese che prendono soldi pubblici e scappano: aprono fabbriche all’estero e chiudono quelle italiane.

Luigi Di Maio, il vicepresidente della Camera, visitando ieri mattina il presidio di via Leonardo da Vinci, ha detto: «Deve diventare illegale per le imprese prendere soldi statali e andare all’estero, anche se l’Europa non è d’accordo. Noi del M5S prepareremo una legge insieme alla maggioranza che sostiene il governo, se lo vorrà». La stessa cosa pensa Davide Farina, deputato di Sinistra Italiana, anche lui tra i lavoratori della K-Flex: «Le norme per favorire l’espansione delle nostre aziende all’estero, diventano strumenti per la delocalizzazione. È necessaria qualche norma generale che scoraggi la tentazione di queste operazione».

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«Vedremo di fare in modo che non paghino bollette del gas e della luce», aggiunge Elena Lattuada, segretario generale della Cgil Lombardia, anche lei ieri mattina al presidio. Di Maio è rimasto tra i lavoratori dalle undici e mezza fino a quasi la una. Gli hanno offerto, sotto la tenda che fa da mensa, un bicchiere di vino, un caffè e una fetta di dolce fatto in casa: «Mia madre ci ha preso a cuore, ci manda una torta ogni giorno», spiega Luigi Lettieri, il più giovane dei dipendenti K-Flex, con i suoi 29 anni. L’esponente dei M5S ha ascoltano la storia dell’azienda brianzola, nata nel 1989 in Brianza e diventata un impero anche grazie ai soldi dei contribuenti.

Oltre ai 12 milioni di euro (ma l’azienda dice che sono circa 8), di incentivi pubblici su cui la ministra allo Sviluppo Economico, Teresa Bellanova, ha aperto un’istruttoria per capire che fine hanno fatto, ci sono altri23 milioni che la K-Flex ha ottenuto dalla Simest Spa, una delle società del gruppo Cassa depositi e prestito. Le hanno permesso di aprire controllate in India, Cina, Malesia, Hong Kong, Dubai: «Il paradosso è che lo stato ha aiutato l’azienda ad internazionalizzarsi, è socio di queste società asiatiche, mentre in Italia K-Flex chiude». Moretti. «La beffa è che per anni abbiamo aiutato l’azienda ad aprire le fabbriche all’estero, insegnato ai lavoratori polacchi a fare le miscele di gomma. Ci siamo fidati, non sapevano che ci stava facendo scavare la fossa con le nostre mani», racconta con amarezza Gennaro De Vivo.