Imprese fallite, la Cgil recupera sei milioni di euro per i lavoratori

E il sindacato lancia l'allarme sui "professionisti del fallimento"

Massimo Rovelli, Maurizio Laini ed Eliana Schiadà

Massimo Rovelli, Maurizio Laini ed Eliana Schiadà

Monza, 21 luglio 2017 - Oltre sei milioni di euro riportati nelle tasche dei lavoratori. È il risultato ottenuto nel 2016 dall’Ufficio procedure concorsuali della Cgil Monza e Brianza. Una cifra «strappata» alle aziende fallite o in concordato preventivo fra stipendi non pagati, tfr ed altre spettanze. Il concordato preventivo, in particolare, è una procedura che si può attivare in Tribunale quando un’impresa in stato di crisi o insolvenza tenta il “risanamento” anche attraverso la continuazione dell’attività ed eventualmente la cessione oppure per liquidare il proprio patrimonio e utilizzare il ricavato per pagare i debiti (fra cui gli arretrati dei dipendenti e i fornitori) e tentare di evitare il fallimento.

«Nel corso del 2016 l’Ufficio ha intercettato 57 Procedure concorsuali aprendo 262 pratiche individuali, cumulatesi a quelle dei picchi assoluti conseguiti nel quinquennio precedente. In un anno abbiamo recuperato 6.195.000 euro», spiega Massimo Rovelli, responsabile dell’Ufficio procedure concorsuali. Un ufficio nato nel 2001 e che nel corso di 15 anni ha «aperto 7.015 pratiche individuali per procedure inerenti a fallimenti, concordati preventivi, amministrazioni straordinarie delle quali effettivamente chiuse a oggi sono meno di un terzo», aggiunge Rovelli. Attività che in 15 anni ha permesso di recuperare 59 milioni di euro riportati nelle tasche dei lavoratori.

Sia a livello nazionale che brianzolo negli ultimi due anni sono diminuiti i fallimenti e i concordati preventivi mentre sono aumentate le liquidazioni. «In ogni caso si resta sempre a livelli pre-crisi e a influire sui numeri di alcune procedure sono intervenute anche cambiamenti normativi», spiega Maurizio Laini, segretario generale della Cgil Monza e Brianza.

«Per quanto riguarda l’attività del Tribunale di Monza, premesso che aziende pur con attività sul nostro territorio possono avere sede in altre zone e quindi fallire in altri Tribunali, nel 2016 sono stati dichiarati 333 fallimenti (contro i 396 del 2015) e 33 concordati preventivi (contro i 42 dell’anno precedente)», dice Rovelli.

«Tornando ai numeri dell’Ufficio occorre dire che negli ultimi anni è aumentata sempre più l’attività di affiancamento e consulenza nei sempre più numerosi casi di affitti o cessioni di rami d’azienda (attività in via di fallimento che vengono rilevate da un altro proprietario ndr)», conclude Rovelli che ha presentato i dati insieme con Eliana Schiadà della Segreteria della Cgil Monza e Brianza.

«Ci sono poi situazioni di dissesto determinate da una crisi del settore ed effettive difficoltà nella conduzione aziendale ma ci sono tanti “professionisti del fallimento” che pilotano il crack per lasciare i debiti nella vecchia azienda e aprirne una nuova, beffando dipendenti e fornitori della vecchia società», spiega Massimo Rovelli.

E comunque in ogni caso prima che i lavoratori ottengano i loro soldi spesso devono passare molti anni «Nei casi migliori ne occorrono un paio ma ci sono situazioni come quelle della Gi.Pi Elettrica srl, azienda metalmeccanica con sede a Cesano, con oltre 30 lavoratori da noi assistiti, fallita per ragioni legali sul Tribunale di Bergamo nel 2002. I dipendenti solo nel 2017 hanno visto il saldo delle spettanze. Quindi anni dopo!».

Ma i casi di grandi aziende in difficoltà negli ultimi anni non sono mancati. «Di grande impatto sociale la situazione del gruppo Compel/Linkra, del distretto metalmeccanico Vimercatese, con quasi 500 lavoratori e lavoratrici coinvolti nel primo caso di Amministrazione straordinaria concesso dal Tribunale di Monza dai primi anni 2000, che ha visto una parziale salvaguardia dei livelli occupazionali attraverso un’affitto di ramo d’azienda che ha coinvolto 150 occupati», racconta il responsabile dell’Ufficio procedure concorsuali della Cgil Brianza. Ma non solo. «Nello stesso distretto, la Bames (società fallita nel 2013 sulle ceneri di quanto restava di Ibm e Celestica poi gruppo Bartolini) ha visto una prima distribuzione dell’attivo fallimentare» fra i circa 500 dipendenti. Una vicenda sulla quale c’è l’ombra della «distrazione di fondi» da parte dei vertici (incassati i fondi per la reindustrializzazione non sarebbero poi stati utilizzati per rilanciare l’azienda ma per finanziare altre attività) e che vede 13 persone indagate per bancarotta fraudolenta.