Caccia aperta per ritrovare i Rembrandt e Renoir rubati, una partita da 27 milioni

Indagini anche all’estero dopo la truffa a Monza

Francesco Provenza, comandante dei carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale

Francesco Provenza, comandante dei carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale

Marco Galvani

MONZA

SULLE TRACCE del tesoro rubato. I carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale di Monza stanno cercando di fare piena luce sul racconto del mercante d’arte, italiano ma residente all’estero, che ha denunciato di essere stato truffato e derubato di due quadri, un Rembrandt e un Renoir, per un valore complessivo di circa 27 milioni di euro, da due sedicenti facoltosi uomini d’affari ebrei.

LE INDAGINI viaggiano a 360 gradi negli ambienti dei trafficanti d’arte e del collezionismo. E non è esclusa l’ipotesi che ci possa già essere stato un tentativo di piazzare un bottino comunque difficile da rivendere anche sul mercato nero. Sono opere “ingombranti” per la loro importanza artistica e non soltanto per il loro valore. Una è attribuita a Renoir, fra gli interpreti più prolifici e convinti dell’Impressionismo fra tele, disegni e acquerelli. L’altra è, invece, firmata da Rembrandt, uno dei più grandi pittori della storia dell’arte europea e del secolo d’oro olandese, esponente dell’arte barocca famoso per i suoi ritratti, autoritratti e per le illustrazioni di scene tratte dalla Bibbia, figlie della sua conoscenza dei testi e anche dell’osservazione della popolazione ebrea ad Amsterdam. Entrambe le opere, con la propria «carta d’identità», sono già state inserite sulla banca dati online dei carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale, il database dove sono raccolte le descrizioni di quasi 6 milioni di oggetti e le immagini di oltre 570mila opere rubate come risulta dalle segnalazioni non soltanto di tutte le forze dell’ordine ma anche dell’Unesco.

SI CERCANO I QUADRI sia in Italia sia all’estero, ma si cerca anche di definire meglio i dettagli della truffa milionaria. Secondo i primi riscontri, il mercante sarebbe stato contattato da due finti acquirenti. Con loro ci sarebbero stati diversi incontri preliminari prima dell’appuntamento per chiudere la trattativa, fissato in un ufficio affittato in via Quintino Sella, nel centro di Monza, al piano terra di una villa che, invece, al primo piano ospita la sede del consolato onorario dell’Albania (completamente estraneo alla vicenda). Sulla dinamica ci sono alcuni dettagli ancora da chiarire ma, durante l’incontro finale per l’acquisto, i due truffatori sarebbero riusciti a fuggire con i due quadri.