Tour nei giardini di Monza, la droga si compra così

In mezz'ora acquistato oltre un etto fra hascisc e marijuana, richiedenti asilo e nordafricani i pusher

Polizia al lavoro

Polizia al lavoro

Monza, 5 dicemnbre 2017 - «VENTI euro per 7 grammi di marijuana. Buona eh... Fra mezz’ora, ti aspetto? Certo che sì».  Ultima proposta. Ma il tour era iniziato molto prima. In mezz’ora in bicicletta ho potenzialmente messo in saccoccia oltre un etto di roba. Erba, hascisc, come se piovessero.

Il mio giro parte da via Artigianelli, uno dei luoghi per antonomasia dello spaccio... ma nisba. Il giorno prima ci sono passati poliziotti e vigili urbani. E poi oggi è giorno di grandi pulizie nel giardino con i tecnici dell’Ufficio verde del Comune. In più è mattino. E niente, si incontrano solo qualche clochard di mezza età, un paio di zingarelle, due fidanzatini che si scambiano effusioni su una panchina. Va bene, provo allora con la stazione ferroviaria di Monza, lato via Arosio: anche qui però non c’è trippa per gatti, del resto la postazione fissa della polizia locale scoraggia, almeno fino al tardo pomeriggio, quando il sole cala e i “ghisa” smontano dal servizio. Però facciamo finta che oggi ho proprio voglia di fumare. Anche se è solo mattina. Un po’ scoraggiato, mi sposto allora verso altri giardinetti, di quelli di cui parlano spesso le cronache o la gente. Via Azzone Visconti: bingo. I richiedenti asilo, nuova manovalanza della carne da cannone dello spaccio, sono tutti qui. Seduti uno dopo l’altro sulla panchine in fila che costeggiano il vialetto che attraversa i giardini, in mezzo ai giochi per bambini. Fanno quasi impressione, compreso quello coi jeans strappati che non sai se è moda o miseria. Fai un passaggio in bicicletta e ti scrutano fisso a studiarti.Fai il secondo giro ed ecco che parte il saluto: «Ciao mister, ciao capo, ciao...». Da una panchina un ragazzo - mi dirà di essere un senegalese - conduce le trattative: «Vuoi fumare qualcosa? Ho hascisc». Quanto vuoi? «25 euro» spara. Senza neppure dirti per cosa e per quanto. Anzi, se glielo chiedi ti fa cenno di seguirlo, di fidarti di lui. Poi però davanti alle tue titubanze è pronto ad abbassare la richiesta: 20 euro, 15 euro, facciamo 10 e ti do una canna». «E la polizia?» chiedo io. O fingono di non capire la domanda, o rispondono rassicuranti: «Non preoccuparti... oggi non c’è». L’italiano è stentato, ma l’affare si può fare.

Passo al giardinetto vicino, quello di via Rota-Grassi: è grande, comode collinette dove i richiedenti asilo, tutti originari dell’Africa equatoriale, troneggiano come su un osservatorio astronomico. Ti guardano, poi uno si sgancia e ti chiede: «Hai da accendere?». Evidentemente un approccio per capire se sei interessato alla loro mercanzia. Poi da un’altra panchina si alzano tre africani: uno sta facendosi fare i ricciolini dall’amico, che glieli annoda meticoloso. Deve essere il capo. E spara: «Ho hascisc e marijuana, quanto vuoi? Te ne do anche per 5 euro». Fuori dal giardinetto e quasi casco addosso a un altro africano, del Gambia, che in italiano stentato mi offre: «Per 5 euro ti do hascisc buono». Mi allontano. Proviamo a fare qualche chilometro, e ad andare ai giardinetti della Villa Reale. Ormai qui dovrebbe però essere proibito anche entrare con una bicicletta. In più qui vicino - sono ormai le 14 – ci sono gli studenti del vicino liceo artistico. Figurarsi se... E invece. Invece ricompaiono i nordafricani: qui la piazza è sempre loro. In più sono svelti, si passano la bicicletta e vanno a caccia di clienti. E appena mi adocchiano arrivano con sorriso mellifluo a salutare. Non come il sorriso un po’ ingrugnito e di sfida degli africani neri ai giardinetti. Il capo mi mostra a più riprese un panetto di hascisc, bello, marrone, piatto, invitante, lo maneggia facendolo roteare come un telefonino. «Cosa vuoi? Ti do fumo. Quale? Quello che vuoi, se mi dai 20 euro ti do 4 canne... hascisc». Esco con vaghe rassicurazioni, «tranquillo, vado a prendere i soldi e arrivo». E subito incontro un altro nordafricano. Capisce che se ho parlato col suo socio, evidentemente cerco la sua mercanzia. «Mi chiamo Hamsa, sono tunisino» mi spiega sorridente. Forse ha subodorato che può fregare il cliente al suo collega, forse sono tutti d’accordo. «Se mi dai 20 euro, ti porto 7 grammi di marijuana... sai quante canne che ci fai?! Ti aspetto. Ok, sto qui mezz’ora mentre vai a prendere i soldi».

Fingo di zoppicare un po’ mentre faccio per allontanarmi, «ho fatto tanta strada in bici e ho preso una storta» assicuro. E lui pronto: «Il fumo ti fa andare via il male, fidati.. se hai dolore al ginocchio ti farò star bene». Mi sento quasi in colpa, perché so benissimo che non tornerò. Chissà se è rimasto davvero ad attendermi.