Da ex frate a libraio maledetto

Continua la storia di Carlo Sala, l'ultimo eretico condannato a morte

Carlo Sala libraio (illustrazione Guido Bandera)

Carlo Sala libraio (illustrazione Guido Bandera)

Monza, 23 luglio 2017 - CAPITOLO TERZO: UN LIBRAIO PERICOLOSO Un fantasma. Dalla fine del 1764 Carlo Sala sembra scomparire dalla faccia della Terra. Fa vita errabonda, rigorosamente in clandestinità: in fondo, non solo è fuggito dal convento, ma soprattutto ha commesso un furto clamoroso a casa dello zio, con tanto di documento firmato di suo pugno ad assumersene la paternità.

Dalla Brianza il Paese straniero più vicino in cui rifugiarsi è la Svizzera, dove si avvicina – pare - alla dottrina calvinista. Di certo, comunque, in quel periodo ripudia definitivamente la religione cattolica ed entra in contatto con circoli animati da profondo anticlericalismo. Ovviamente è costretto a cambiare spesso identità. Sembra però abbastanza certo che Carlo Sala per alcuni mesi soggiorni a Ferney, sulle Alpi francesi: qui lavora come scrivano nello studio nientemeno che del filosofo illuminista Voltaire. «In Zenevra per molto tempo fè il Scrivano nello studio e sotto dettatura di monsignore Voltarre!» affermano le cronache. Comunque, nel 1766 Carlo Sala torna in Lombardia. E dal 1766 al 1770 lo troviamo a Cremona dove – lo dice l’archivio della Curia di Milano – dichiara di avere 27 anni, di chiamarsi Alessandro Barni e di essere sposato con tale Marta Bonetti, di 25 anni. Più avanti dichiarerà invece di essere sposato con la ventenne Maria Teresa Codecasa. E a Cremona nel 1766 viene arrestato una prima volta – e vedremo che non sarà l’ultima -: è stato sorpreso a vendere argento di provenienza sospetta, forse ricavato da arredi sacri. Condannato, finge di essere del tutto ignaro di quel metallo che si è trovato ad avere per le mani. Ed è molto convincente, tanto da venire alla fine graziato. Intanto apre una libreria, «vivendo in intimità con le personalità più stimabili della cità», dicono sempre le cronache.

La sua bottega sorge nel cuore di Cremona, a due passi da quella del noto libraio e stampatore Lorenzo Manini. Il problema per Alessandro Barni, però, è che commercia soprattutto testi pericolosi per la religione, tanto che di lui si occupa il nuovo Piano per la censura dei Libri emanato dalla Corte imperiale nel 1768. Nel 1770 il vescovo di Cremona viene a sapere che questo strano libraio, comparso quasi dal nulla in città, non solo vendeva ma addirittura «dava anche a giorni per pochi soldi ad ogni ceto di persone libretti a leggere contrarj alla catolica dottrina». E lo denuncia al Podestà di Milano. Fra i libri in suo possesso c’è il Traité des tres imposteurs, il Trattato dei tre impostori, feroce critica di stampo illuminista a Mosè, Gesù Cristo e Maometto, vale a dire i tre simboli delle principali religioni monoteiste. Interrogato di persona dal Podestà, Barni si schermisce e minimizza ma gli viene ordinato di consegnare copia di tutti i libri che tiene nella sua bottega. Viene anche ammonito e minacciato di severi provvedimenti in caso di recidiva.

E gli viene imposto di far esaminare la lista dei suoi libri a un canonico designato dal vescovo. Una singolarità, visto che dovrebbe invece occuparsene uno dei censori – laici – indicati dalla Corte imperiale. Il Vescovo ha però buon gioco a imporsi sulle autorità civili, visto che i loro censori sono un canonico considerato troppo vecchio e soprattutto già in odor di Inquisizione; e un conte assente da parecchio, anzi troppo tempo dalla città. Barni ovviamente protesta e presenta un esposto: il nuovo censore – sostiene - è parecchio incompetente e i suoi libri, una volta inviati a Roma per essere esaminati, tardano troppo a tornare. Viene stilato comunque un elenco di tutti i libri proibiti in possesso del Barni-Sala, molti dei quali in lingua francese o comunque tradotti da questa lingua, fra cui compaiono edizioni pirata di opere scritte da libellisti sconosciuti, ma considerate rivoluzionarie, libertine, piccanti. Il caso alla fine si sgonfia, ma attorno al Barni ormai è stata fatta terra bruciata. Di lui hanno preso a lamentarsi persino i Gesuiti, che lo accusano con la sua attività di traviare i loro allievi. Costretto a lasciare Cremona, Carlo Sala scompare di nuovo nel nulla. 

(3 - Continua)