Fusione con Assolombarda, il Comitato della piccola impresa di Confindustria Brianza dice "no"

Il gruppo che riunisce il 90% di aziende associate contrario a questa operazione

Gabriella Meroni, presidente del Comitato della piccola industria di Confindustria Brianza

Gabriella Meroni, presidente del Comitato della piccola industria di Confindustria Brianza

Monza, 18 aprile, 2015 - Venticinque presenti, 22 voti contrari e 3 a favore. Così il 14 aprile il Comitato piccola industria di Confindustria Brianza, che rappresenta oltre il 90% delle aziende associate (881 su 965), si è espresso per il “no” all’ipotesi di “fusione per incorporazione” con Assolombarda. Un’operazione che, dopo aver raccolto il “sì” (alla bozza) della Giunta di Confindustria e dell’Assemblea, si dovrebbe concludere intorno al 20 maggio con il voto al progetto definitivo dell’Assemblea generale.

Ma all’interno di Confindustria Brianza la spaccatura sul tema è quantomai forte. Anche in passato c’erano state contrapposizioni decise su altri temi (elezione del presidente, strategie...), ma mai lo scontro era uscito dalle mura della sede di via Petrarca, rischiando di minare anche decennali rapporti di amicizia fra i protagonisti della vicenda. Basta questo per far capire quanto sia sentita la questione.

Un paio di settimane fa una trentina di imprenditori (fra cui nomi come Carlo Colombo della Colmar Matteo Parravicini della Parà e di 4 vicepresidenti di Confindustria) e il settore legno-arredo all’unanimità avevano scritto una lettera per esprimere la loro avversità verso tempi e modi dell’operazione. Una fusione che non piace soprattutto ai «piccoli» che però sono svantaggiati dal meccanismo di voto in Giunta e in Assemblea generale. Il peso delle preferenze è infatti parametrato ad alcuni valori (fatturato, numero dipendenti...). In Giunta e in Assemblea dove diversi tra i maggiori colossi industriali sono favorevoli all’operazione è dunque finora prevalso il fronte del sì (con una maggioranza intorno all’80%). Ma i contrari non sembrano rassegnarsi.

Tutto ha origine dalla Riforma Pesenti che porterà le territoriali di Confindustria da 100 a 30 entro il 2017. Monza e Brianza ha i numeri per rimanere da sola, ma gli attuali vertici, il presidente Andrea Dell’Orto in primis, ritengono che, invece di restare fra le più piccole realtà, sia meglio aggregarsi con Assolombarda «diventando così in assoluto la più grande territoriale d’Italia (circa 6000 imprese), con più forza, più potere e più servizi». Considerazioni ragionevolissime, ma non condivise da tutti.

C’è un fronte di contrari tout court al «matrimonio con Milano» che fa leva sulla storia (Confindustria Brianza è la più antica associazione imprenditoriale d’Italia con i suoi 113 anni). Ma c’è anche (ed è quello maggioritario) un fronte che non respinge le nozze con Assolombarda, ma le vorrebbe diverse.

“Nel corso del Comitato è emerso, insieme al no quasi plebiscitario alla fusione per incorporazione, l’apertura ad altre forme di aggregazione e la richiesta di tempistiche appropriate, in linea con quanto previsto dalla Riforma Pesenti; le argomentazioni principali che hanno portato a respingere l’operazione riguardano la perdita di autonomia, non necessaria ed evitabile adottando altre forme aggregative, la natura irredimibile della fusione per incorporazione e, infine, le profonde differenze tra l’operazione presentata agli associati nei mesi precedenti e quanto ora proposto», ha spiegato Gabriella Meroni, presidente del Comitato piccola industria.

L’impressione è comunque che i piccoli stiano cercando di «alzare i toni» (le pmi iscritte sono tante, frastagliate e molte non partecipano alla vita associativa) per chiamare a raccolta il «più distratti» e cercare di equilibrare lo strapotere dei colossi nel voto.

Un confronto che sta assumendo anche toni accesi visto che nella lettera dei ”trenta dissidenti” si parlava anche si di un “processo aggregativo che ha mostrato lati insoliti per la trasparenza tipica di Confindustria: basti pensare che la Giunta Esecutiva monzese del 10 Marzo, che ha votato a favore del progetto di “aggregazione”, non ha avuto accesso alla bozza di Statuto in esso richiamato quale parte integrante, nonostante fosse già stato approvato da Assolombarda; documento che è stato consegnato solo dopo la votazione e che si è rivelato profondamente diverso da quanto descritto in precedenza agli Associati, membri di Giunta compresi”.

Accuse respinte dal presidente Andrea Dell'Orto che ha sempre rivendicato la massima trasparenza di un percorso aggregativo partito oltre un anno fa e sul quale, dopo una serie di passaggi, riunioni e informazioni solo ora ci si sveglierebbe per manifestare la propria avversità. Non solo. Anche la presenza di precise garanzie come la presenza di un Comitato brianzolo, il mantenimento di sedi e servizi e il potenziamento del peso del territorio nei tavoli istituzionali e nazionali.

Assolombarda ha già votato a favore plebiscitariamente “e ci mancherebbe” dicono i contrari alla fusione “chi direbbe no a un'operazione che porta solo vantaggi in cui sei il Golia (quasi 5000 imprese) che si mangia Davide (circa 1000)”. E come in tutte queste operazioni circolano vorticose le voci di chi, gestendo questa fusione, trarrebbe vantaggi personali (cariche, promozioni e chi più ne ha più ne metta), mentre dall'altra parte si accusa chi difende lo “status quo attuale” di voler conservare cariche e poteri nel “proprio orticello”.

Certo è che l'aggregazione che in altri territori, anche storicamente ostili, è già stata approvata in modo sostanzialmente “indolore” qui in Brianza ha aperto una profonda spaccatura.