Camera di commercio di Monza: il ritorno con Milano è a un passo

Giovedì 21 l'ordine del giorno del Consiglio dell'ente camerale di Milano prevede di discutere e votare l'aggregazione. Ma in Brianza non mancano le polemiche

Il segretario generale Renato Mattioni  e il presidente Carlo Edoardo Valli

Il segretario generale Renato Mattioni e il presidente Carlo Edoardo Valli

Monza, 21 luglio 2016 - Con Milano (c’è più d’uno pronto a scommettere che sia cosa praticamente fatta) da sola (come potrebbe restare date le sue dimensioni) o con Lecco (magari fino a Como) ricalcando i confini della nascente Area Vasta che sostituirà la Provincia. Potrebbe essere disegnato già in questi giorni il futuro della Camera di commercio di Monza. Negli ultimi giorni infatti Cgil, Cisl e Uil della Brianza hanno provato ad alzare le barricate contro quelle che definiscono «affrettate e inopinate ipotesi di accorpamento con Milano o con altre realtà».

Ma che succede? Proprio in questi giorni il Governo, dopo mesi in cui la riforma delle Camere di commercio è rimasta a bagnomaria, starebbe per portare in Consiglio dei ministri l’attuazione dell’articolo 10 della legge Madia. Ci sarebbe tempo fino al 28 agosto, ma in pratica con le ferie alle porte, restano a disposizione un paio di date. Le linee della riforma del ministro per ora hanno ridotto il diritto annuale (quello che ogni impresa paga alla propria Camera di commercio) del 35% nel 2015, del 40% per quest’anno e del 50% per il 2017. Ora compito del provvedimento è quello di tradurre in pratica l’alleggerimento già scritto nella legge delega che prevede di passare dalle 105 Camere italiane attuali a 60. È «salvo» chi conta più di 75mila imprese, gli altri si devono alleare. Monza è sopra le 90mila attività e potrebbe dunque restare autonoma (come chiedono ad esempio i sindacati).

A questo punto c’è chi dice di attendere che siano ben definite tutte le linee guida della riforma in Consiglio dei ministri e invece chi ha fretta e sostiene che «occorra scegliere ora se e con chi andare prima che lo facciano altri». In ogni caso per un cambiamento del genere serve la maggioranza dei due terzi del Consiglio (22 voti su 33) con una medesima decisione «fotocopia» votata sia in Camera di commercio a Milano che a Monza.

Nonostante le barricate alzate da alcuni in Brianza la macchina della fusione con Milano si è già messa in moto. Nell’ordine del giorno del Consiglio camerale meneghino giovedì 21 nel pomeriggio è infatti inserita la questione accorpamento con Monza. Stessa cosa (l’odg non c’è ancora però) dovrebbe avvenire, a questo punto, per il Consiglio della Camera di commercio monzese convocato per lunedì prossimo.

In caso di voto l’ok di Milano pare pressoché scontato mentre a Monza i fautori dell’autonomia o di una tattica più attendista potrebbero creare qualche grattacapo in più (anche se i beninformati sostengono che il fronte “pro Milano” può contare su tutti i 22 voti necessari). In particolare a guidare la cordata favorevole a un ritorno con Milano ci sarebbero praticamente tutte le categorie datoriali a partire dagli industriali (seguendo lo schema che ha già visto Assolombarda Milano e Confindustria Brianza fondersi un anno fa) passando per Confcommercio. A frenare sono in questo momento soprattutto i sindacati.

Il matrimonio col capoluogo lombardo sarebbe un ritorno (da lì infatti la Camera di Monza si era staccata nel 2007 dopo la creazione della Provincia) e porterebbe alla formazione di un ente da quasi 550mila imprese. Restando da sola Monza (oggi è la ventesima Camera di commercio più grande d’Italia), con gli accorpamenti fra altre realtà, arretrerebbe agli ultimi posti (anche se le dimensioni contano fino a un certo punto, perché determinanti sono i bilanci e le risorse da riversare sulle imprese del territorio). Un accorpamento con Lecco, ricalcando i confini dell’Area Vasta, creerebbe invece una Camera con 130mila imprese. Ma in qualsiasi decisione un ruolo fondamentale, come sempre, lo giocano e lo giocheranno le poltrone e le ambizioni personali.

Nei giorni scorsi tre consiglieri della Camera di commercio erano usciti allo scoperto. Ieri Cgil, Cisl e Uil Brianza hanno rilanciato le preoccupazioni espresse da Enrico Novara (Cdo), Marco Viganò (Cisl) e Carmine Villani (Adoc). «Esprimiamo forti contrarietà all’accelerazione dei processi di accorpamento della Camera di Commercio di Monza e Brianza». Come già sostenuto lo scorso marzo, i sindacati ribadiscono la volontà di mantenere autonoma la Camera monzese. Cgil, Cisl, Uil ritengono «opportuno che l’insieme delle agenzie pubbliche, degli Enti e delle Autonomie trovi una sua collocazione all’interno dei confini delle Aree Vaste, una volta presa tale decisione» e osservano come «la nostra realtà provinciale, secondo la normativa vigente, non possa essere ricondotta all’area metropolitana milanese». 

«Comprenderemmo al limite la necessità di far presto se fossimo in una situazione di forte indebitamento della Camera di commercio. Così non è. La nostra Camera può, per dimensione organizzativa e capacità dei suoi lavoratori, compresi i dirigenti, essere ancora una realtà capace di erogare in autonomia risorse alle imprese e al territorio, sicuramente per tutto il 2017», hanno detto i segretari di Cgil, Cisl e Uil Brianza Maurizio Laini, Rita Pavan e Luigi Soldavini. «Nonostante il taglio del 50% del contributo al sistema camerale - prosegue la nota -, quella di Monza e Brianza è l’unica Camera in Lombardia il cui bilancio preventivo 2016 è stato approvato senza previsione di perdita; si stima che in Brianza nel 2017 possano essere ancora distribuiti 1.850.000 euro alle imprese. Non è dunque il momento di affrettare i passi. Tanto più che è in uscita il decreto sulla ridefinizione delle Aree Vaste, e in autunno si terrà il Referendum sulla riforma costituzionale. Affrettare inopinatamente ipotesi di accorpamento, con Milano o con altre realtà, è oggi una forzatura che rischia di produrre istituzioni a “geometria variabile”, con conseguenti complicazioni nella gestione dei servizi pubblici e delle autonomie. Contrasteremo con ogni mezzo a nostra disposizione gli atti che verranno assunti in una direzione diversa da quella di mantenere una autonomia del nostro Ente Camerale».