"Manovalanza", il nuovo disco di Montenero: "Il rap è una cosa seria"

A tre anni dall'uscita di "We Run Milano" il rapper affiliato alla Dogo Gang torna con il nuovo album "Manovalanza". Cento per cento hip hop e importanti collaborazioni: da Luchè a Guè Pequeno, passando per Ensi e Don Joe di Francesca Nera

Il rapper milanese Montenero

Il rapper milanese Montenero

Milano, 12 ottobre 2014 - Le sue rime sono in grado di riprodurre immagini di una vita di strada. Immagini nitide come fotografie ben riuscite in cui ogni forma è imbevuta di una sana consapevolezza e di un forte desiderio di riscatto. Ecco le sembianze di “Manovalanza” l’album che, a tre anni da “We Run Milano”, segna il ritorno in grande stile di Montenero. Uscito per Red Carpet Music, il disco dell’artista cento per cento milanese ha tutte le carte in regola per entrare nelle playlist dei veri puristi del rap ma, grazie alle sue sonorità accattivanti, sarà in grado di sorprendere anche i neofiti.

Com’è nata l’idea di chiamare il disco “Manovalanza”? “In realtà il titolo dell’album nasce dal fatto che nella vita faccio un lavoro prettamente manuale poi, come in una sorta di scala gerarchica, mi considero ancora alla base. Non essendo arrivato ancora al top con la musica è come se partissi dall’inizio. Si tratta di una riflessione consapevole che si può interpretare anche come desiderio di riscatto”.

In effetti rispetto ai lavori precedenti è evidente un certo cambio di registro: meno street, più introspettivo. Come mai? “Pur muovendosi sempre in una dimensione street ‘Manovalanza’ vira anche su tematiche più profonde. Diciamo che ho sempre avuto in mente l’idea di inserire nell’album un po’ di tutto, in modo da renderlo il più completo possibile, più in linea con il rap americano. Si tratta senza dubbio di un progetto più ‘maturo’ rispetto ai precedenti. Il mio intento era quello di creare qualcosa di classico, in grado di durare nel tempo e possibilmente lasciare un segno”.

Il rapper milanese Montenero

Di americano cosa ascolti? “Ascolto un po’ di tutto: dalla East alla West Coast. Due nomi su tutti? Mobb Deep e The Game”.

Da anni sei membro della crew milanese per eccellenza. Che significato ha per te appartenere alla Dogo Gang? “Non nascondo che fin da ragazzino ero un grandissimo fan dei Club Dogo. E’ grazie a ‘Mi Fist’ se mi sono accostato al rap italiano. Quando entrai a far parte della crew ero al settimo cielo e oggi, a distanza di dieci anni, sono estremamente orgoglioso di farne parte. I membri della Dogo Gang sono fra i migliori artisti della scena. Stimo molto anche Luchè. Lo ascoltavo fin dai tempi dei Co’Sang”.

In un modo o nell’altro, Milano è sempre protagonista. “Croce delizia, Milano la mia città la amo…” “In ‘Croce e Delizia’ dico anche ‘Vorrei cambiare posto ma negli altri non mi riconosco…’. E in effetti se potessi me ne andrei ma questa è la mia città, qui ho le mie radici. E’ paradossale ma mi mancherebbero perfino la nebbia e il suo grigiore. Non posso proprio farne a meno. Girando tutto il giorno per Milano ne capto ogni aspetto poi riverso tutto sui fogli”.

In ‘Rap Baygon’ affronti anche il tema della “decadenza del rap italiano” tanto che il beat di Denny The Cool ha un gusto quasi apocalittico. Cosa pensi esattamente della scena attuale? “Diciamo che non mi fa impazzire quel filone vagamente infantile del rap e la piega pop che il genere sta prendendo negli anni. L’hip hop è una cosa seria”.

“Tale padre tale figlio”, primo estratto del disco, vanta le partecipazioni di Guè Pequeno e Luchè. Una triplice ode ai rispettivi padri. Come nasce la vostra collaborazione? “Da qualche anno avevo nel cassetto la bozza di questo pezzo. Fin dall’inizio avevo pensato a Guè e Luchè. Entrambi hanno accettato di buon grado il fatto di partecipare al progetto e così ci siamo messi al lavoro. E’ un brano a cui tengo moltissimo, estremamente personale e introspettivo. Averlo realizzato insieme a Guè e Luchè lo rende per me ancora più importante”.

"Manovalanza", il nuovo album del rapper milanese Montenero

Il disco è infarcito di altri contributi prestigiosi come quello di Ensi e Vincenzo Da Via Anfossi sul fronte mc, Don Joe, Shocca e Bassi Maestro a livello di produzioni… “Volevo qualcosa di unico. E’ per questo che ho chiamato a raccolta alcuni fra i migliori della scena. Si tratta di grandi artisti, ma soprattutto di amici. A livello di contenuti l’album si muove nella dimensione più classica del rap ma al tempo stesso i suoni sono fortemente dinamici e innovativi come dimostrano i beat di Don Joe in ‘Società impazzita’”.

Tornando ai temi forti… in “Tutto questo” analizzi lucidamente i fatti di cronaca più eclatanti degli ultimi anni. Come ti è venuto in mente? “Ricordo che un giorno rimasi molto colpito da una vicenda di cronaca e decisi di scrivere un nuovo pezzo condizionato dal caso del momento. Da lì ho approfondito varie storie legate all’attualità ed è nato ‘Tutto questo’”.

Il pezzo cui sei più legato? “Difficile a dirsi. Forse è proprio ‘Tutto questo’ che ho scritto tempo fa. In più il brano è realizzato insieme a Enzo con il quale ho un legame storico. Ma anche ‘Apro gli occhi’. In effetti sono particolarmente legato ai testi un po’ descrittivi…”.

francesca.nera@ilgiorno.net