Vigili del fuoco intossicati in mensa, tre ristoratori a processo

Sono dirigenti della società di ristorazione Serist che servì i piatti in cui fu rilevato un batterio nocivo alla salute. Piatti contaminati, secondo gli inquirenti, fra la cottura e il confezionamento

Vigili del fuoco al lavoro in via XX Settembre

Vigili del fuoco al lavoro in via XX Settembre

Milano, 30 novembre 2015 - Diarrea, vomito e febbre alta: questi i sintomi dei più gravi intossicati, 33, colpiti da un batterio presente nei piatti del cibo servito ai vigili del fuoco della caserma di via Messina nell'aprile 2012. In totale furono interessati 113 pompieri e 4 inservienti che poco più di tre anni fa finirono nei pronto soccorso di Milano e, i più gravi finirono ricoverati in alcuni ospedali con vari sintomi. Per questo gli allora vice direttore operativo, direttore di area e responsabile dell'unità produttiva della Serist, società di ristorazione che gestiva anche il servizio mensa dei pompieri, verranno processati a partire dal prossimo 14 marzo davanti alla nona sezione del tribunale. A rinviarli a giudizio, con citazione diretta, è stato il pm milanese Nicola Balice che ha contestato ai tre il concorso in lesioni colpose e il concorso in commercio colposo di sostanze alimentari nocive.

Secondo il capo di imputazione, i tre «per negligenza, imperizia e imprudenza» e, comunque, sia per aver violato le norme Cee relative all'igiene dei prodotti alimentari sia per l'omessa vigilanza sulle procedure di autocontrollo degli alimenti e sull'adozione delle cautele previste nella preparazione dei pasti, avrebbero provocato l'intossicazione che il 13 e 14 aprile 2012 mise ko la caserma di via Messina e portò alla chiusura della mensa.

Secondo la Procura di Milano, inoltre, gli imputati, avevano «l'obbligo di impedire» l'evento ma quei pasti finirono per essere somministrati, «confezionati e sigillati» «con l'impiego di sostanze alimentari pericolose per la salute pubblica perché contaminate». In quei cibi, secondo gli accertamenti, era finito un batterio «non usualmente rinvenuto in Europa» ma «presente in paesi in via di sviluppo, in seguito ad attività di manipolazione (...) da parte di soggetto portatore» che potrebbe essere stato un dipendente della Seris o una «persona estranea all'attività lavorativa che ha avuto improprio accesso ai locali di preparazione». In più, per inquirenti e investigatori, gli alimenti sarebbero stati 'contaminati' «dopo la cottura (...) e prima del confezionamento dei pasti» che sarebbe avvenuto senza l'adeguato controllo delle «norme di cautela» come «l'obbligo di usare guanti monouso e mascherine».

Così i pompieri - una ventina dei quali sono ora parti offese perché sporsero querela - furono colpiti «da sindrome enterocolitica da tossinfezione alimentare». All'indomani della maxi intossicazione alcuni vigili descrissero nel dettaglio il menù degli ultimi pasti prima di finire in ospedale ed era risultato che i cibi ingeriti erano molto diversi fra loro, anche se prevalevano quelli a base di pesce: dalla pasta col salmone e panna agli spaghetti al tonno, dal filetto di platessa al fritto di calamari. Non esenti da diarrea, vomito e febbre anche alcuni, però, che avevano mangiato solo riso in bianco e pollo ai ferri.

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