Via Brioschi, sopralluogo nella palazzina che sta per crollare

È il giorno degli "accertamenti irripetibili" che daranno certezze sulla strage.

L'appartamento esploso in via Portoferraio

L'appartamento esploso in via Portoferraio

Milano, 1 luglio 2016 - È il giorno dei sopralluoghi in via Brioschi, all’interno di quel che resta della palazzina divelta dallo scoppio avvenuto il 12 giugno scorso, in cui ha perso la vita Micaela Masella, 43 anni, e con lei i due giovani fidanzati Chiara Magnamassa e Riccardo Maglianesi. È il giorno degli "accertamenti irripetibili" che daranno certezze sulla strage. Che aiuteranno a capire se le impronte sul tubo e sulle pinze trovate per staccare la valvola del gas sono di Giuseppe Pellicanò, il compagno della Masella e padre delle due bimbe di 11 e 7 anni. E se c’è un nesso di causalità tra l’uso delle pinze che portano le sue impronte, le tracce trovate sul tubo e la fuorisucita del gas in una quantità tale da saturare l’ambiente e far saltare in aria l’appartamento. La relazione dei superperiti, che verrà confrontata con quella dei due esperti della Scientifica, e con i sopralluoghi fatti il 12 giugno dagli uomini della squadra omicidi della questura, sarà determinante per riscostruire nei dettagli al dinamica, ma soprattutto per capire se il castello accusatorio dei pm, regge. Secondo la Procura infatti, Pellicanò distrutto psicologicamente per una relazione sentimentale che non riusciva a rimettere in piedi, davanti alla decisione inequivocabile della compagna di allontanarsi dalla casa che condivideva con lui e le due bimbe, avrebbe avuto una reazione distruttiva.

Di recente aveva appreso che Micaela sarebbe andata a convivere con il nuovo compagno a qualche centiaia di metri di distanza dalla loro casa. Così quella mattina sciagurata ha avuto l’idea di farla finita. Tutti morti. Lui, la compagna e le bimbe, tutti assieme. Il gas, l’innesco e lo scoppio. Le cose però poi non sarebbero andate così, anzi. Micaela morta. Lui salvo e salve le bambine, ma condannate, a 11 e 7 anni, a vivere con le tracce fisiche delle ustioni e lo strazio di sapere, se si dimostrasse vera l’accusa, che tutto questo l’ha voluto il loro papà. Giuseppe Pellicanò, lavoro prestigioso da pubblicitario, sarà dimesso dal Niguarda probabilmente lunedì. E contestualmente dovrebbe essere interrogato dal pm Elio Ramondini e dall’aggiunto Nunzia Gatto. Per la procura non c’è fretta di sentirlo, meglio che l’interrogatorio sia fatto nel momento in cui l’uomo sta meglio ed è in grado di parlare, se lo vorrà, lucidamente. Pellicanò è difeso dall’avvocato Giorgio Perroni.

Dalle indagini finora svolte è anche emerso che nell’appartamento di via Brioschi la mattina dell’esplosione ci sarebbero stati 47 metri cubi di gas metano e che, dalle rilevazioni dell’A2A sul contatore, la fuoriuscita è stata di 6 metri cubi all’ora. Si tratta di una quantità rilevantissima: basti pensare, è stato riferito, che per provocare un’esplosione è sufficiente un metro cubo e mezzo di gas metano. Inoltre, con questi dati inquirenti e investigatori hanno calcolato che il gas ha cominciato a fuoriuscire circa otto ore prima dello scoppio, cioè attorno all’una di notte.

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