Presa a martellate in testa sul treno per rapina, il pm: "Non è tentato omicidio"

Cassano d'Adda, ragazza massacrata. Attenuate le accuse contro l’aggressore di BARBARA CALDEROLA

Aggressione sul treno per rapina

Aggressione sul treno per rapina

Cassano d'Adda, 25 marzo 2016 - Le ha sfondato le ossa del cranio con un martello di acciaio di quasi un chilo. Ha infierito su di lei, Sara Arnoldi, studentessa bergamasca di 23 anni, senza che nessuno potesse aiutarla, lasciandola lì, aggrappata per un filo alla vita, nel deserto di un vagone vuoto che viaggiava verso Milano, in un sabato sera qualsiasi. Eppure Marian Verdi, il 32enne romeno, pregiudicato per reati violenti, già espulso eppure libero di circolare in Italia, non è accusato di tentato omicidio. In un primo momento, era questa l’ipotesi avanzata nel provvedimento di fermo. Ma il pm ha deciso diversamente. Per lui le accuse si limitano alle lesioni gravissime e alla rapina. Sì, perché il balordo, che bivaccava nei pressi della stazione di Cassano, nell’hinterland milanese, sarebbe entrato in azione per raccattare qualche soldo.

Secondo i magistrati di Milano, cui spetta di qualificare il reato, e che pur hanno deciso che deve restare in una cella di San Vittore, gli estremi per configurare il delitto più grave non ci sono. Nonostante Sara, uscita tranquilla dalla sua casa di Ciserano per trascorrere una serata con gli amici, sia stata aggredita in modo talmente bestiale da costringerla a un delicato intervento alla testa, fratturata in diversi punti e afflitta da un grosso ematoma. Mentre aspetta di tornare in sala operatoria per sistemare la mano, rotta per difendersi. Una scena bestiale, quella vista dai carabinieri di Cassano, saliti sul convoglio in stazione.

Sara era sola, seduta mentre il treno viaggiava. Il suo aguzzino che si avvicina, la minaccia con quell’arnese rosso, più simile a un’ascia che a un martello, utilizzato per sfondare i vetri in caso di emergenza. Sangue sui sedili, poi anche sul corridoio, fino alla porta del vagone. Perché la ragazza, ha immediatamente cercato di raggiungere il capotreno che viaggiava sulla prima carrozza e mettersi in salvo. Negli occhi il terrore per i colpi, che l’aguzzino, impietoso, le ha sferrato a ripetizione. Una dinamica, in mancanza di testimoni, ricostruita solo attraverso la scena.

A interrompere il massacro è stato il caso. Il treno regionale, partito da Treviglio, si è fermato sulla banchina di Cassano. E il malvivente si è dato alla fuga, prima che qualcuno potesse sorprenderlo. Sperava di farla franca, Verdi. E stava ritornando nell’antro dove ogni sera si ritirava. Un’area abbandonata a due passi dallo scalo ferroviario, interessato da un cantiere eterno. In città però lo avevano visto spesso, con quel cappellino giallo calato sulla testa. Lo stesso descritto dalla ragazza ai primi soccorritori. Lo stesso che, rovistando fra le sue cose, i carabinieri hanno trovato, suggellando l’arresto dell’autore del crimine. A conoscerlo meglio, però, è il casellario giudiziario, per i suoi reati, per quell’espulsione ordinata, ma mai portata a compimento. Precedenti che non sono bastati. Perché l’accusa di tentato omicidio, apparsa nel verbale di fermo, non è stata confermata dal pubblico ministero.

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