Terrorismo, quaranta curdi indagati dalla Procura di Milano: "Finanziano il Pkk"

Stando a quanto riferito, i curdi sono accusati di aver raccolto fondi per finanziare azioni violente del Pkk in Turchia. Ma il legale difensore obietta: "Intanto ai curdi in Iraq vengono mandate armi per combattere contro l'Isis: paradossale"

Tribunale, toghe

Tribunale, toghe

Milano, 19 settembre 2014 - Quaranta persone di origine curda, residenti tra la Lombardia, la Toscana e il Lazio, risultano indagate per terrorismo internazionale in un'inchiesta, da poco chiusa, della Procura di Milano. Da quanto si è saputo, i curdi sono accusati di aver raccolto fondi per finanziare azioni violente del Pkk in Turchia.

L'inchiesta è coordinata dal pm di Milano Elio Ramondini e condotta dai carabinieri che hanno notificato nei giorni scorsi l'avviso di conclusione delle indagini. Gli indagati sono accusati di essersi associati "allo scopo di compiere atti di violenza all'interno dell'organizzazione sovranazionale" del Pkk, il "partito dei lavoratori del Kurdistan", il cui leader e' Abdullah Ocalan e che e' radicato in Turchia. Alle quaranta persone, alcune delle quali lavorano da anni in Italia e gestiscono anche delle attività commerciali, viene contestato, in particolare, di aver raccolto e inviato soldi in Turchia per finanziare i combattenti del Pkk che avrebbero compiuto azioni violente in Turchia.

"E' sotto gli occhi di tutti la stranezza di questa situazione - ha spiegato il legale difensore - perche' se da un lato qui a Milano sono indagati, ai curdi in Iraq inviamo armi perché vengono indicati come i salvatori della nostra civilta'. E c'e' da dire che - ha aggiunto - ovviamente anche i curdi del Pkk stanno combattendo contro l'Isis in quelle zone, anche perche' senza il Pkk vincerebbero gli altri". Il legale ha anche chiarito che il Pkk figura nella "black list" delle organizzazione internazionali ritenute terroristiche, ma che anche in Turchia nell'ultimo periodo c'e' stato una sorta di "riavvicinamento" nei confronti del Pkk. In merito alle indagini, l'avvocato ha spiegato che molto probabilmente i suoi assistiti non chiederanno di essere interrogati (c'e' un termine di 20 giorni per richiedere l'interrogatorio dopo la chiusura delle indagini). "Aspetteremo l'udienza preliminare per difenderci, se ci sara' una richiesta di rinvio a giudizio", ha chiarito il legale.

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