Stuprata per uno "sgarro" del fidanzato. Incastrato un peruviano affiliato alla Mara

L’inchiesta dei carabinieri. Nei guai anche un 18enne: scortò "El Pajaro" lo stupratore

I tatuaggi degli affiliati

I tatuaggi degli affiliati

Milano, 23 luglio 2016 - Ventisei telefonate nel giro di un’ora e mezza. Spostamenti in tempo reale comunicati da una macchina all’altra. Una scorta vera e propria per evitare guai e soprattutto occhi indiscreti. Questo, secondo i carabinieri, sarebbe stato il ruolo di G.A.C.R., peruviano di 18 anni (minorenne all’epoca), la sera del 26 settembre 2015, quando una ragazza di 29 anni fu stuprata in una strada isolata di Quarto Oggiaro dal salvadoregno Wilfredo Alexander Barrera Martinez detto "El Pajaro". G.A. – che risulta affiliato alla Mara Salvatrucha come il fratello maggiore e che attende di essere giudicato dal Tribunale dei minori per il raid di Villapizzone che quasi costò un braccio al capotreno Carlo Di Napoli – aveva il compito, insieme a un complice ancora da catturare, di seguire passo dopo passo l’auto guidata dalla donna per far fronte a eventuali contrattempi. Gli investigatori del Nucleo operativo della Compagnia Porta Magenta lo hanno braccato per mesi, ricostruendo i suoi legami con la MS-13 e collocandolo sulla scena del crimine senza ombra di dubbio: dovrà rispondere di concorso in rapina (alla vittima furono sottratti smartphone e navigatore satellitare), sequestro di persona e violenza sessuale di gruppo. Da due giorni, G.A. si trova rinchiuso nel carcere Beccaria. E pare che non abbia detto granché quando i militari sono andati a prelevarlo, quasi non gli importasse nulla. Del resto, la mentalità dei mananeros è quella: G.A., nella sua testa, ha soltanto eseguito gli ordini impartiti dal "Pajaro" (preso a gennaio dai militari), che doveva vendicarsi in qualche modo di uno che aveva provato a fregarlo. Sì, perché questa terribile storia nasce dall’improvvido "sgarro" di un tossicodipendente italiano di 30 anni (che chiameremo Luca), di fatto il tatuatore di fiducia della Mara, che ha pensato bene di spacciare alla banda bicarbonato per cocaina. Ad andarci di mezzo, però, non è stato lui, bensì la fidanzata (si erano messi insieme da un mese), che ha avuto la sfortuna di trovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato (e per di più con un compagno che l’ha abbandonata senza remore nelle mani di criminali spietati). Ecco come andò quella notte, stando a quanto denunciato dalla vittima e poi messo in fila dai segugi dell’Arma. Luca dà appuntamento al "Pajaro" nel parcheggio di un supermercato di via Palizzi: vuole fargli un "pacco", come si dice in gergo, per ricavarci 30 euro da reinvestire subito in una dose di droga.

In macchina con lui c’è pure la ragazza (che chiameremo Anna): una volta avvenuta la consegna, i due si allontanano. Passano pochi minuti e il telefono di Luca squilla di nuovo: Barrera si è accorto dell’imbroglio, è infuriato e vuole incontrarlo immediatamente per chiarire. La situazione degenera in un amen: "El Pajaro" – che si qualifica subito come membro della MS-13 – sfila la chiave dal cilindretto di accensione, prende lo smartphone di Anna e tira fuori la Sim; a quel punto, gli altri due (G.A. e un altro) salgono sui sedili posteriori e puntano una lama (un coltello o un machete) alla gola della donna. L’azione è repentina: i tre riscendono e circondano Luca; quindi, Barrera risale in auto sul lato passeggero e intima ad Anna di ingranare la marcia e partire sotto la minaccia di una pistola. Durante il tragitto, montano in auto per qualche centinaio di metri altri tre sudamericani, tra cui una ragazza: quest’ultima scambia qualche frase con Barrera (Anna intuirà solo la parola "denuncia") prima di scendere poco dopo insieme agli altri due. La marcia prosegue secondo le indicazioni del "Pajaro", che tiene costantemente aggiornati i complici nell’altra macchina: una chiamata dietro l’altra, rileveranno i ripetitori della zona. Contatti continui per non rischiare di restare da solo. Poi la violenza concentrata in un drammatico quarto d’ora. Anna è sotto choc. Si riveste come un automa. Ormai sono le 5 del mattino. Va a casa del fidanzato, ma non trova alcun conforto. Saranno i parenti a convincerla a recarsi al Centro anti-violenza della Mangiagalli e a raccontare tutto ai carabinieri.

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