Ausilio, 20 anni di Inter: da segretario a dirigente, la scalata del talent scout

L’uomo del mercato interista ha festeggiato i suoi primi venti anni in nerazzurro

Piero Ausilio, 45 anni, responsabile dell’area tecnica dell’Inter. Con lui molti talenti della “cantera“ nerazzurra si sono consacrati. Non ama i riflettori della ribalta durante le trattative

Piero Ausilio, 45 anni, responsabile dell’area tecnica dell’Inter. Con lui molti talenti della “cantera“ nerazzurra si sono consacrati. Non ama i riflettori della ribalta durante le trattative

Milano, 23 gennaio 2018 - Se lo conosci, ti fidi di lui. Se lo conosci è assai probabile che ti risponda al telefono (anche nelle ore più improbabili, per esempio alle 3 di notte in Cina). Se lo conosci, è difficile che ti possa mandare “fuori strada“. Al limite Piero Ausilio, l’uomo del mercato interista, sorride, fa una smorfia, cambia argomento, ti fa l’elenco di tutto ciò di sbagliato che hai scritto (se sei un giornalista). Ma devi conoscerlo prima, e conquistare la sua fiducia. Non ti regalerà mai un’esclusiva, per lui i cronisti sono tutti uguali e da rispettare. Non ti dirà mai in quale città si trova e quale partita andrà a seguire ma non ti racconterà bugie. Se deve depistarti lo farà con “classe“ («Uno va a trattare un giocatore e poi gli si apre un’altra opportunità...»). Più facile che ti dia una mano a non scrivere inesattezze (quando gli chiedevi se Icardi potesse andare al Napoli bastava un suo sorriso per capire la risposta) perché lui non è proprio il tipo da “fantamercato“ («Ma come pensate che possano arrivare Di Maria e Alexis Sanchez col nostro tetto agli stipendi?», ripeteva la scorsa estate mentre il sole tramontava a Plan de Corones). Non è abituato a strillare e neppure a fare proclami, parla a bassa voce ed è sempre educato con tutti, soprattutto con i giornalisti. Anche con quelli che, chissà per quale misterioso motivo, lo attaccano a prescindere.

Il ritratti che ne viene fuori è quello di un giovane e brillante dirigente (appena 45 anni) ma con una discreta esperienza alle spalle dopo una lunga gavetta, il quale proprio domenica scorsa ha festeggiato i suoi primi venti anni in nerazzurro (è il dirigente in carica con la più lunga militanza in un club della massima serie). Club in cui viene chiamato a rivestire il ruolo di direttore sportivo dal 2010 dopo una carriera mancata da calciatore della Pro Sesto (scarpe appese al chiodo a soli 19 anni a causa di un grave infortunio); dal febbraio 2014, invece, l’ulteriore promozione visto che è sua la responsabilità della gestione tecnico-sportiva della prima squadra, dello scouting, del settore giovanile e della segreteria sportiva.

Da Moratti a Thohir fino a Suning: cambiano le Proprietà ma questo signore laureato in Giurisprudenza è sempre lì. Perché un dirigente come lui, serio e competente, non può non piacere. Arrivò nella vecchia sede di via Durini nel gennaio 1998 come segretario del settore giovanile, per poi diventare responsabile organizzativo e in seguito direttore del vivaio nerazzurro prima di un’esperienza nello Spezia. Sposato con Daniela, ha due figli: Giulia (16 anni) e Niccolò (13) cui si dedica amorevolmente quando non è in giro per lavoro. Alternativa? Un film con Nicolas Cage. Neppure la storia dell’audio “rubato“ la scorsa primavera durante una chiacchierata con gli studenti della Statale (“L’Inter ha programmato male, abbiamo cambiato quattro allenatori“) lo ha turbato. Quel che pensa non lo ha mai nascosto, motivo in più per essere apprezzato dall’attuale Proprietà oltre che per il suo fiuto da “talent scout“: fra le sue scoperte i giovanissimi Balotelli e Martins, ma pure Bonucci, Pandev, Destro, Benassi, Obi e Donati, tutti arrivati in prima squadra e poi esplosi altrove.

Molto spesso è rimasto nell’ombra (quando c’era Marco Branca) ma il suo zampino era ovunque, anche nella trattativa Coutinho e in quella che ha portato Icardi in nerazzurro. Per primo aveva messo gli occhi su Morata, Immobile, Dybala e Schick (ma ci volevano soldi, come per Verdi e Chiesa, prossimiobiettivi), ma i suoi capolavori restano Perisic, Brozovic e Skriniar, costati meno di 50 milioni ed adesso capitale societario da 150 milioni. Qualcuno gli imputa l’acquisto di Gabigol dimenticando che la cosa gli passò sopra la testa (così come il siluramento di Mancini e l’ingaggio di De Boer). Ma Ausilio va avanti per la sua strada: con fantasia, intuito e il portafogli vuoto ha rinforzato l’Inter a gennaio senza dover costringere la Proprietà a spendere a giugno. Ora vuole la Champions. Per costruire un’Inter finalmente vincente..

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