Calcio giovanile, gli orchi negli spogliatoi: in Lombardia scatta l'allarme

I casi di “pedofilia“ inquinano i vivai lombardi, purtroppo il fenomeno da anni è in silenzioso e pericoloso aumento

Una partita di calcio giovanile (foto d'archivio)

Una partita di calcio giovanile (foto d'archivio)

Milano, 16 dicembre 2016 - "Se non mi tocchi non giochi". E’ la classica frase, rivolta ad un ragazzino, dell’orco da spogliatoio. E poco importa se il tutto avviene in un centro sportivo, una scuola calcio o in un oratorio. La mostruosità resta comunque ed è difficile da cancellare. Così si sgonfia il pallone che rotola davanti a bambini vittime di abusi sessuali, così muore la passione verso un gioco (perché è tale a quell’età) capace di far sognare e che invece diventa lercio oggetto di scambio nelle mani di gente malata e senza scrupoli.

In Lombardia il fenomeno di molestie e di casi di pedofilia ai danni di piccoli calciatori (o atleti anche di altri sport) è aumentato in modo preoccupante nell’ultimo lustro. Da Varese a Como, da Brescia alla Brianza, non ci sono province esenti. L’ennesimo caso di “pedofilia“ nel calcio scoperto appena due giorni fa, con l’arresto del 56enne Giuseppe Garioni, presidente di una storica società di calcio del cremonese (Torrazzo) e della onlus Viscontea del capoluogo con un’accusa da brividi: violenza sessuale nei confronti di minori aggravata dal ruolo è infatti il reato che gli viene addebitato per uno dei sette casi che gli inquirenti ritengono acclarati. Al dirigente sportivo è anche contestata la ‘prostituzione minorile' perché, in cambio dei presunti abusi, avrebbe corrisposto denaro e un ciclomotore. Quel che ha lasciato sconcertati è che le indagini dei poliziotti della squadra mobile hanno evidenziato che gli abusi sarebbero avvenuti non solo in casa dell’arrestato ma anche negli spogliatoi e negli uffici della società Torrazzo. Non solo: le presunte vittime hanno tra 15 e 17 anni e avrebbero subito le attenzioni del loro presidente quando ne avevano 12-13. Col dirigente ai domiciliari l’inchiesta va avanti, ma questo è solo l’ultimo di una serie di sconcertanti episodi che hanno infangato i “vivai“ regionali: nell’autunno del 2014, nell’hinterland milanese, un ex allenatore di 60 anni è finito in manette dopo dopo due casi accertati di violenze. E ancora: fra le altre storiacce si ricordano quelle che ha portato all’arresto di un altro allenatore di una squadra giovanile lariana, accusato di violenza sessuale nei confronti di due baby calciatori; e poi il carcere per un tecnico calcistico bresciano che aveva avuto il coraggio di definirsi “educatore sessuale“; e infine la denuncia per un coach di volley 49enne che dirigeva la squadra femminile a Trezzano sul Naviglio e adescava ragazzine attraverso Facebook.

Pillole di follia, campanelli d’allarme che non vanno sottovalutati, anche perché la paura, il pudore o la vergogna delle volte nascondono terribili verità, con adolescenti che preferiscono non denunciare ma tacere e chiudersi la bocca per evitare altre umiliazioni. Per questo ci voglio spesso lunghe indagini, prove, testimonianze e accertamenti per incastrare gli “orchi“ e mandarli in galera (in realtà, come dimostrato dall’ultimo caso, a molti di loro vengono concessi i “domiciliari“), dopo che la violenza e la molestia sono ormai state compiute e il più delle volte ripetute. Non è facile identificare questi malefici personaggi: purtroppo il più delle volte entrano ed escono quando e come vogliono dallo spogliatoio, e si conquistano presto la fiducia dei bambini o dei giovanotti. Basta poco. Un sorriso, un complimento, fino ai “regalini“. Soldi, giocattoli, ricariche telefoniche che servono a convincere i più piccoli a “lasciarsi andare“. Se la società sportiva si accorge di certi comportamenti, senza far troppo rumore si “libera“ dell’individuo, altrimenti tocca ai genitori cercare la verità negli occhi e nelle reazioni dei propri figli. Come avviene in ogni scuola, anche quelle che insegnano cose più importanti di come calciare un pallone.

Non è facile. Perché il bambino, ingenuamente, accetta delle volte di farsi accarezzare, abbracciare e baciare dal suo allenatore o da un accompagnatore senza percepire le reali, pessime intenzioni dell’individuo. I pedofili travestiti da eleganti e generosi “talent-scout“ abbondano nel movimento calcistico italiano, e forse oggi, proprio a causa delle facili promesse, può essere più facile riconoscerli. Perché quando un ragazzino si sente dire «se fai quello che ti chiedo, entrerai nel vivaio di una grande società», il pericolo che di fronte ci si trovi il mostro è concreto. Una cosa è certa. I club più importanti si sono attrezzati: Milan, Inter, Atalanta, Brescia, Como e gli altri storici punti di riferimento del calcio lombardo selezionano con grande serietà e attenzione le persone che dovranno occuparsi soprattutto dei piccoli atleti. E’ il pianeta dilettantistico (e quello amatoriale) il più a rischio, e ovviamente comprende anche i vivai: non tutti ma anche quelli in cui, se chiedi a 14 anni il tuo “cartellino“ per poter andare a giocare altrove, sei costretto a versare non meno di 5mila euro. Una tassa. Peggio, un ricatto. Di cui ci siamo già occupati in una precedente inchiesta. Un maledetto ricatto che a volte si può trasformare anche in abuso sessuale.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro