Milano, 17 giugno 2011 - Tu quoque, Eto’o, figlio mio. Per Moratti l’uscita africana del bomber nerazzurro è una pugnalata o sennò poco gli manca: «Sì, è vero che ho alcune proposte, ho un mese di vacanza per valutarle tutte e decidere cosa fare anche perché ho trent’anni, è il mio ultimo grande contratto e bisogna vedere se devo restare o partire». Samuelino lo ha detto tra i gelsomini lucenti della notte del Camerun, a una remota televisione, ma il mondo ha sempre occhi e orecchie attente e sintonizzate. Così la voglia centrifuga di Eto’o è rotolata sulla federa del cuscino del patron nerazzurro levandgli il residuo sonno.
Solo pochi giorni fa il grande attaccante africano, toccato dalle lodi morattiane, aveva fatto professione di fede nerazzurra: «Resto al cento per cento, basta la parola». Chissà perché, lontani dal loro consueto luogo di lavoro, i calciatori cadono amabilmente in contraddizione (vedi Thiago Silva)? Forse pensano che parlare a una tv locale possa essere considerata una confidenza?
Partire è un po’ morire, ma per Eto’o vorrebbe dire vivere, stando sempre alle sue notturne esternazioni: «Un’eventuale partenza non dev’essere tanto per provare o per guadagnare 100 o 200 mila euro in più, quello che conta nella mia carriera è star bene nella città, giocare in un buon club e divertirsi». In tal senso la Premier League inglese farebbe carte false per far divertirte Samuelino, in primis il Chelsea e i due Manchester con la possibilità di uno scambio con Tevez dal City di Mancini.
«È vero — ha confermato il nerazzurro — ho sempre sognato di giocare in Inghilterra». Intanto Eto’o, con Alexandre Song (Arsenal) e Benoit Assou-Ekotto (Tottenham) è stato convocato dal Consiglio disciplinare della Federcalcio camerunense. Motivo: «Eto’o sarà ascoltato per non essersi allenato dopo un incidente con Song e per essersi intromesso nella sostituzione di un giocatore durante la partita Camerun-Senegal del 4 giugno scorso, valida per le qualificazioni alla Can-2012». Ah, birbantello.
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