Milano, 25 novembre 2010 - Zlatan Ibrahimovic già si godeva il riposo del giusto, mettendo a bagnomaria le sue piote esauste, quando Adriano Galliani in libera uscita (di questo parleremo poi) ne auspicava la beatificazione pregando gli dèi che gli conservino l’appetito e la salute. Perché viene la scròfola solo a immaginarselo malato. Nel Diavolo di Allegri, tutto panza e sostanza, Zlatan è la fiamma pilota.

Magari non piacerà troppo al Grande Capo questo Milan dal centrocampo d’anime spesse, ma finché si vince e ci si autoconvince a vincere sempre più, chi può lagnarsene? Ibra sta una spanna sopra il resto della brigata e non solo per la statura, e per ora riesce con ruvido garbo a non farlo pesare: nell’allegresco carosello lo svedese-bosniaco si è inserito con crescente agio, verso ideali di generosità («voglio essere sempre utile alla squadra perché senza la squadra non posso fare quello che faccio») sino a ieri impensabili. Non è più il caso di parlare di Ibra-dipendenza perché Zlatan è ormai tutt’uno col resto del Milan senza esserne assimilato in toto, che sarebbe invero la peggiore delle jatture: in un Milan altruista lui è la temperata eccezione individualista.

Tale, senza troppe differenze, era l’Ibra protervo e vincente nell’Inter. Martedì sera l’ennesimo sfoggio: determinante, generoso di fetta per sé ma anche e soprattutto per gli altri, al punto da esigere un’uscita anticipata dalla partita dopo la consumazione dell’ultimo fiato senza bombola; beneficando finanche Dinho, entrato grazie allo sfinimento di Zlatan e, siccome era assai tardi, al meglio delle sue facoltà psicofisiche: «Siamo sempre più forti — ha sottolineato lo zingarone — e ogni volta giochiamo meglio. Siamo negli ottavi di Champions con un turno d’anticipo e chiunque ci capiti, vinceremo noi». Ruggente è il novembre di Ibra.
 

Tornando a Galliani, si dice abbia festeggiato la presa di Auxerre davanti a un piatto d’escargots à la tete nue e di diablotins du chef du conseil, circondato da operatori di mercato, crudi e croccanti. L’ad degli ad, insomma, non perde tempo: a gennaio si farà pur mercato e i nomi, tanto per non farne, sono quelli che circolano da giorni, compreso quello del punteruolo bresciano Andrea Caracciolo nelle veci di Pippinzaghi convalescente fino a giugno dopo il ginocchio felicemente operato. I veri esperti di mercato li definiscono rumors, ma a tavola non suonano bene. Un po’ di galateo, per favore.