Milano, 27 giugno 2014 – Chissà se nella notte, alle 5.30 circa magari, capitan Alessandro Gentile si è svegliato di soprassalto, con le orecchie che fischiavano. Oltreoceano infatti, a migliaia di chilometri di distanza, il deputy commissioner Nba Mark Tatum ha chiamato il suo nome dal palco del Barclays Center, stendendogli davanti un tappeto rosso per la National Basketball League, dove solo i migliori possono entrare.
E' accaduto insomma quello che tutti i milanesi da un lato speravano e dall'altro temevano: il numero 5 biancorosso, dopo un illustre predecessore come Danilo Gallinari, è stato selezionato dai Minnesota Timberwolves con la 53esima chiamata nel draft 2014. La sua destinazione però, qualora il capitano volesse tentare subito la sorte negli States, sarebbe Houston, che ha acquistato, cash in mano, i suoi diritti per una cifra che si aggirerebbe intorno al milione di euro.

Ma cosa comporta questo per Milano e per l'EA7? Impossibile dirlo al momento. Gentile ha infatti innanzitutto una Finale scudetto da giocarsi (questa sera, ore 21.15 diretta Rai 3 e Rai HD), indubbiamente la partita più importante dei suoi 21 anni così come anche la più importante dell'ultimo ventennio della storia Olimpia. I Rockets nel frattempo hanno fatto sapere di non aver ancora sentito il giocatore, anche se di lui ha già parlato Daryl Morey, gm di Houston: “E' giovane, e mi ricorda molto Carlos Delfino: sa attaccare il canestro, coinvolgere i compagni e inoltre ha tutto il fisico per difendere. Potrà sicuramente dare una mano ai Rockets del futuro – continua Morey, lasciando presagire che l'anno prossimo Gentile potrebbe ancora vestire la maglia EA7 – ma sono certo che saprebbe esserci utile anche da subito”.

Ad avvalorare però la tesi di un trasferimento alla corte del “Barba” James Harden ancora tutto da decidere, c'è anche una questione più “tecnica”. Gentile infatti è stato scelto nella seconda tornata del draft e, a differenza dei 30 giocatori selezionati al primo giro, se la stella milanese volesse sbarcare subito nella Nba non avrebbe la certezza di un contratto garantito per due anni, con opzioni per le stagioni successive, e a stipendi già prestabiliti. Ecco perché, almeno per un'altra stagione, il figlio d'arte dovrebbe restare in Europa (e a Milano nello specifico, nonostante le sirene del Panathinaikos) per proseguire il proprio percorso di crescita, prima di coronare il sogno e diventare il quinto italiano a giocare coi migliori di sempre.

gabriele.gabbini@ilgiorno.net